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giovedì 29 dicembre 2011

Auguri a tutti i lettori.




di  A. Lalomia

Sinceri auguri a tutti i lettori del blog che hanno avuto la pazienza di seguirmi finora.

martedì 27 dicembre 2011

Scuole più pulite (risparmiando).


di  A. Lalomia

In un momento di pesanti sacrifici per il Paese, con ulteriori tagli al bilancio dell'istruzione  (che si aggiungono a quelli, micidiali, imposti dal precedente governo), propongo ai lettori del blog un articolo che ritengo particolarmente significativo per i molteplici risvolti che riguardano il mondo scolastico.
Cercherò di sintetizzarli brevemente:
1.  rispetto delle norme sulla sicurezza e igienico-sanitarie, un rispetto che dovrebbe rappresentare la preoccupazione principale di ogni DS e DSGA;
2.  sorveglianza degli alunni  (soprattutto nella primaria e nella secondaria di primo grado);
3.  lotta agli sprechi  (le imprese di pulizia spesso costano più dei collaboratori scolastici che sono stati rimossi, e non sempre svolgono le loro mansioni in modo soddisfacente)  (1);
4.  creazione di nuovi posti di lavoro per gli ATA;
5.  procedure che vengono seguite da tempo immemorabile dall'Amministrazione, con proroghe su proroghe di contratti peraltro poco convenienti per lo Stato;
6.  disuguaglianza fra le scuole, per cui alcune sono più uguali di altre.
Un omaggio, quindi, all'A.ge Toscana per aver fatto conoscere ancora una volta una situazione di cui i media parlano poco e spesso in modo generico e approssimativo, ma che la stessa associazione già in passato aveva denunciato apertamente  (2).
Speriamo soltanto che la svolta che il Ministro dell'Istruzione intende imprimere al suo dicastero riguardi anche questo tema.
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Note
(1)   La situazione diventa ancora più drammatica a causa degli atti vandalici e dei furti.
Vale comunque la pena precisare che gli sprechi di denaro pubblico che continuano ad esserci in troppi istituti dipendono anche da altri motivi, a partire dalla questione dei progetti e delle gite, che assorbono gran parte dei singoli bilanci scolastici  (e poi mancano i soldi, per esempio, per riparare le porte e le finestre delle aule, oppure per i riscaldamenti, con la conseguenza che allievi e docenti sono costretti a rimanere in classe con il cappotto).

(2)   "Appalti di pulizia nelle scuole, uno spreco"  e  "Scuole fiorentine: pulizie, un milione di spreco ogni anno"  ([...]  nella sola provincia di Firenze gli appalti di pulizia costano 5,5 milioni di euro l’anno, mentre assumere i 200 bidelli mancanti costerebbe solo 4,5 milioni. Il servizio poi non è dei migliori e c’è il problema della sorveglianza, che spetta ai bidelli [...]). 

sabato 24 dicembre 2011

Meritocrazia o valorizzazione del merito ?

di  A. Lalomia

Ha ragione Giorgio Israel, quando, riflettendo sulla differenza che esiste tra due formule apparentemente equivalenti, quali  "meritocrazia"  e  "valorizzazione del merito", opta  per la seconda.
Per quanto mi riguarda, accolgo senz'altro il suo invito a non usare più la prima locuzione, per gli stessi motivi che egli ha chiarito in modo come sempre lucido e convincente nel suo articolo e che sono sintetizzati nel finale  (1).
L’articolo di Israel, comunque, è importante anche perché solleva una questione poco dibattuta   (almeno in Italia): e cioè quanto possano essere affidabili i ‘tecnici’  (o esperti,  o saggi,  o dotti, o come altro li si voglia chiamare)  nella conduzione della cosa pubblica.
Nella Storia, non sono rari i casi di personaggi di indubbio prestigio intellettuale che, una volta passati dalla cattedra universitaria o dall’ufficio di dirigente d’azienda o di ente pubblico alla poltrona di ministro si sono dimostrati poco brillanti  (a voler essere generosi), sia sul piano della comunicazione che su quello delle iniziative portate a termine.
Da un economista di fama internazionale, per dire, ci si aspetta che adotti provvedimenti di ben altro spessore rispetto a quelli che potrebbe suggerire un qualunque ragioniere o fiscalista di provincia.
Ma qui forse sta uno dei punti centrali della gestione della cosa pubblica: e cioè, quanto potere reale hanno i ministri rispetto alle oligarchie burocratiche che di fatto controllano l’intero apparato pubblico, anche attraverso reti parentali che si configurano come dei veri e propri clan ? 
Non è un mistero per nessuno, credo, che in alcune strutture pubbliche certe assunzioni avvengono senza concorso, in genere sulla base di contratti a termine   -senz’altro regolari, per carità-  che però vengono prorogati all’infinito, fino a quando il precario viene assunto in pianta stabile  (al massimo dopo un esamino interno).  
Ed è altrettanto noto che i suddetti contratti a tempo determinato sono spesso il frutto di un’azione di pressing da parte di dipendenti di ruolo per aiutare un parente o un amico.  Non è una procedura virtuosa, siamo d'accordo, ma non credo che si possa parlare di un fenomeno paragonabile ad un illecito compiuto nella piena consapevolezza di infrangere la legge.  È un comportamento che rientra in un certo tipo di mentalità comune, in pratiche condannate da tutti a parole ma tranquillamente seguite nei fatti, perché in realtà vengono considerate normali e quindi non provocano alcun senso di colpa.
È un meccanismo con cui nel nostro Paese  -notoriamente arretrato sul piano delle iniziative  a favore dei senza reddito, per cui la famiglia spesso rappresenta l’unico ammortizzatore sociale, il solo ufficio di collocamento affidabile-   si risolvono problemi che altrove vengono delegati invece ad agenzie che si occupano veramente di favorire l’inserimento dei giovani, o di chi comunque è privo di un lavoro, nel ciclo produttivo.
È  il modo in cui un genitore riesce ad assicurare al figlio disoccupato un incarico, magari proprio nello stesso ministero od ente in cui egli lavora e comunque sfrutta le sue conoscenze per dare un futuro al figlio.  Al genitore qualcuno potrebbe anche rivolgere un elogio per il senso di amore paterno che dimostra  (2).  Resta da vedere se il figlio possiede davvero le competenze per poter rimanere nell’ufficio in cui l’hanno fatto entrare, attraverso un canale interdetto ai suoi coetanei  (con gli stessi problemi che ha lui).
Fino a quando non scioglierà il nodo delle dinastie burocratiche, le iniziative messe in cantiere dai vari governi difficilmente potranno consentire all’Italia di porsi sullo stesso piano di altri paesi più evoluti. 
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Note
(1)  "[...] Un conto è valorizzare il merito, cioè stimolare tutti a migliorare, a primeggiare, premiare chi fa meglio, anziché frustrarlo e umiliarlo appiattendolo sui nullafacenti. Altro conto è parlare di "meritocrazia", ovvero di governo di coloro che primeggiano. Le parole sono pietre e "meritocrazia" è una parola profondamente ambigua che, non a caso, piace ai tecnocrati. "Valorizzazione del merito" è una bella espressione, tanto lontana dall'egualitarismo di marca totalitaria, quanto aperta e inclusiva.”.

      (2) Anzi, in alcuni casi il genitore che non supporta il figlio nella ricerca del lavoro o che non lo raccomanda viene considerato un cattivo genitore.  E questo non da oggi e non soltanto dai mediocri. Al riguardo, vorrei ricordare almeno Giacomo Leopardi, che nella famosa  “Lettera al padre”  del 1819 rimprovera al genitore il suo mancato impegno per garantirgli un impiego degno della sua condizione sociale e del suo talento.  È appena il caso di precisare che per Leopardi la questione delle competenze non si poneva, vista la levatura intellettuale del personaggio.
     Di seguito, il passo della lettera in cui Giacomo esprime le sue amare riflessioni sul mancato aiuto da parte del padre.
     "[...] Certamente non l'è ignoto che non solo in qualunque città alquanto viva, ma in questa medesima, non è quasi giovane di 17 anni che dai suoi genitori non sia preso di mira, affine di collocarlo in quel modo che più gli conviene: e taccio poi della libertà ch'essi tutti hanno in quell'età nella mia condizione, libertà di cui non era appena un terzo quella che mi s'accordava ai 21 anno. Ma lasciando questo, benché io avessi dato saggi di me, s'io non m'inganno, abbastanza rari e precoci, nondimeno solamente molto dopo l'età consueta, cominciai a manifestare il mio desiderio ch'Ella provvedesse al mio destino, e al bene della mia vita futura nel modo che le indicava la voce di tutti. Io vedeva parecchie famiglie di questa medesima città, molto, anzi senza paragone meno agiate della nostra, e sapeva poi d'infinite altre straniere, che per qualche leggero barlume d'ingegno veduto in qualche giovane loro individuo, non esitavano a far gravissimi sacrifici affine di collocarlo in maniera atta a farlo profittare de' suoi talenti. Contuttoché si credesse da molti che il mio intelletto spargesse alquanto più che un barlume, Ella tuttavia mi giudicò indegno che un padre dovesse far sacrifizi per me, nè le parve che il bene della mia vita presente e futura valesse qualche alterazione al suo piano di famiglia. Io vedeva i miei parenti scherzare cogl'impieghi che ottenevano dal sovrano, e sperando che avrebbero potuto impegnarsi con effetto anche per me, domandai che per lo meno mi si procacciasse qualche mezzo di vivere in maniera adattata alle mie circostanze, senza che perciò fossi a carico della mia famiglia. Fui accolto colle risa, ed Ella non credè che le sue relazioni, in somma le sue cure si dovessero neppur esse impiegare per uno stabilimento competente di questo suo figlio.[...]". 

giovedì 22 dicembre 2011

Un "Caffè" da primo premio.

 L'IISS "Federico Caffè" di Roma.

di  A. Lalomia
 Museo della Repubblica Romana
e della Memoria Garibaldina.

La notizia che un'allieva del corso serale dell’Istituto Superiore “Federico Caffè”  di Roma ha vinto  (assieme ad un ragazzo del diurno, molto applaudito)  il primo premio del concorso nazionale  “Interviste impossibili agli eroi della Repubblica Romana”, promosso dal Comitato di quartiere Monteverde - Quattro Venti  e dalla Scuola di scrittura creativa  "Omero"  (1),   non può che rallegrarmi, per almeno due motivi: primo perché conosco il  “Caffè”  (un istituto che ha la fortuna di trovarsi in uno dei quartieri più suggestivi di Roma, Monteverde Vecchio) e la professionalità dei docenti che vi lavorano; secondo perché in questo modo quanti sostengono che il serale sia una mera appendice del corso diurno, sono serviti.
In realtà, il corso serale (a partire proprio da quello del “Caffè”, senz'altro tra i più qualificati della Capitale), rappresenta una delle strutture portanti del nostro sistema educativo pubblico e trovo deplorevole che, soprattutto gli ultimi due governi, non solo non abbiano prestato maggiore attenzione a questo segmento, ma, anzi, abbiano dimostrato quasi un accanimento nel tagliare cattedre e fondi.
Per non parlare della tanto declamata riforma dell’istruzione degli adulti, che il precedente esecutivo aveva deciso di far entrare a regime addirittura il 1° settembre 2010 e che ancora oggi, invece, è poco più di un pezzo di carta  (2).
Mi auguro che con il ministro Profumo si proceda ad un’inversione di rotta, perché ce n’è bisogno.  
È necessario avviare al più presto iniziative che ridiano slancio e nuova vitalità al settore, prendendo spunto anche dalle proposte che sono state già elaborate dalle forze sociali e dai docenti.
In particolare, dovrebbe essere autorizzata in tempi brevissimi l’apertura di nuovi corsi anche in quelle scuole che oggi ne sono sprovvisti, perché la domanda è enorme.
Una scelta del genere non graverebbe più di tanto sul bilancio del MIUR, se si decidesse una buona volta la liberalizzazione delle tasse d’iscrizione, accompagnata da una seria, organica, metodica attività di ricerca  -da parte di ogni DS-  di sponsor in grado di supportare i singoli istituti sul piano economico, come è avvenuto, ad esempio, per l’Istituto Comprensivo di Montignoso  (MS) .
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Note
(1)  Bisognerebbe comunque ricordare altri soggetti che hanno aderito all'iniziativa, come 

(2)   E sarebbe interessante conoscere quanto è costato l'intero iter per partorire questa riforma.
Sui corsi serali, cfr. anche la pagina "Articoli e saggi sulla scuola e sull'università"  di questo blog.
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mercoledì 21 dicembre 2011

Questione di stile. La replica di Franco Cardini a chi lo accusa di razzismo.

Franco Cardini
di A. Lalomia

Il 15-12-11  "La Repubblica"   ha pubblicato un articolo di Carlo Bonini in cui, commentando il terribile episodio di Firenze di due giorni prima, Franco Cardini è stato accomunato agli ispiratori ideologici del gesto compiuto dal cinquantenne pistoiese che poi si è tolto la vita, un episodio su cui peraltro lo storico fiorentino era già intervenuto lo stesso 13-12-11.
Cardini ha risposto al quotidiano fondato da Eugenio Scalfari con un testo  (riportato anche sul suo sito)  (1)  che merita di essere letto integralmente, perché dimostra l'onestà intellettuale di quello che viene giudicato  -e a ragione-  il nostro massimo medievalista vivente  (2) .
Si può  anche non essere d'accordo con il passato politico di Cardini, ma certo tra la sua precisa ricostruzione dei fatti e la sua coerenza di intellettuale 'non organico' e anzi 'fuori dal coro', scomodo, il suo orgoglio di militante alla perenne e appassionata ricerca di un progetto politico che stenta a realizzarsi, il suo modo elegante ma nello stesso tempo fermo di rispondere ad accuse pretestuose, da una parte, e l'improvvida, maldestra, quasi provocatoria iniziativa di "Repubblica", corre un abisso, che il secondo quotidiano nazionale rischia di pagare pesantemente sul piano della credibilità. 
Carlo Bonini
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Note
(1)  La ricostruzione del suo passato politico è poi proseguita con toni quasi epici e con una sincerità e un candore disarmanti, attraverso un altro articolo, "Contro tutti i tartufi (nel senso di Molière). Amarcord di un "cattivo Maestro.", di cui vorrei riportare almeno un paio di passi:
"Il nostro sogno  e la nostra mèta consistevano nella liberazione della fantasia e al tempo stesso nella conciliazione metapolitica di  tradizionalismo etico-storico-antropologico, socialità e patriottismo europeista. Quel che volevamo, era la costruzione di un disegno che traducesse in termini politici una sintesi di Donoso Cortès, Tolkien ed Ezra Pound.  Un sogno impossibile? Molto probabilmente sì. ". [...]  "Il mio destino è di  aver  scelto giovanissimo un partito che mi andava stretto e di non averne poi trovato più nessun altro, restandone privo da ormai quasi mezzo secolo. Eppure ho sofferto questa privazione: non mi ci sono mai abituato  perché rimango un uomo disperatamente di parte, un fazioso feroce come il mio concittadino Alighieri.  Il mio partito, la mia Isola-Che-Non-C'è, l'ho visto balenare  qua e là nella storia, nei luoghi e nei contesti più ossimoricamente improbabili e contraddittori: sulla piana di Roncaglia nel 1154, a Montaperti nel 1260,  in Vandea tra 1792 e 1793, tra il Palazzo d'Inverno e Piazza San Sepolcro fra 1917 e 1921, pochi mesi d'estate nella Spagna del '36, qua e là nelle sierras  attorno al “Che” ".  
La replica di Cardini alla "Repubblica" è riprodotta anche su altri siti, per esempio quello di "Futuro e libertà", che fa  saggiamente notare come la criminalizzazione di  "[...]  personaggi di tale levatura intellettuale equivale a una sorta di caccia alle streghe fuori tempo massimo che va condannata senza riserve.".
V. anche il comunicato stampa del 19-12-11 dell'Associazione "Identità Europea", di cui Cardini è fondatore e presidente emerito  (sua è anche la scheda in cui viene presentata l'Associazione). In questo comunicato, molto opportunamente, si ricorda come  “ […] il magistero storico e culturale di Franco Cardini, nel quale noi tutti ci siamo formati, è sempre stato fortemente improntato ad uno spirito di comprensione e cooperazione tra le culture e le religioni, in quanto tale contrario ad ogni stupida ipotesi o propaganda di “scontro di civiltà”, pur nella sincera memoria, non discriminatoria o esclusivista, dell’identità europea come forgiata nei secoli della sua plurale storia comune.”.  
E in effetti l’iniziativa della  “Repubblica”  nei confronti di Cardini, a parte quanto scritto sopra, è fuori luogo e dimostra una scarsa conoscenza del pensiero e dell’attività dello storico fiorentino  (al di là dei meriti che vengono attribuiti al quotidiano romano e al suo incauto giornalista).  Cardini, infatti, da anni ormai, più che di xenofobia o di razzismo, viene accusato semmai di essere filo-islamico e comunque di voler rivedere i rapporti tra Europa e mondo musulmano  in una prospettiva troppo favorevole a quest'ultimo.
Lo storico fiorentino, inoltre, ha invitato alla cautela circa la matrice islamica degli attentati dell'11-09-01, mettendo in dubbio l'esistenza di Al-Qaeda e ha criticato più volte quella che definisce 
"l' aggressione " americana sia in Iraq che in Afghanistan, schierandosi decisamente contro la partecipazione dei nostri soldati alla guerra in quello scacchiere.
Da leggere anche l articolo che ha dedicato alla strage compiuta in Norvegia nel luglio 2011 da Anders Behring Breivik.
Per una dettagliata analisi del pensiero politico di Cardini, rimando al materiale presente nell' archivio  del suo sito, materiale che dimostra la molteplicità degli interessi dell'A. e la sua profonda tensione morale nei confronti dei maggiori problemi della nostra epoca.

(2)  Cfr. tra l'altro la sezione "Libri consigliati" di questo blog, dove viene segnalato il suo ultimo, poderoso volume  (quasi ottocento pagine; qui  l'indice dell'opera), "Il Turco aVienna. Storia del grande assedio del 1683.", a cui "La Repubblica" ha dedicato poco più di un trafiletto, anche se lusinghiero.
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Divisa scolastica. Un'iniziativa eccellente.



di A. Lalomia

Qualche giorno fa alcuni media (1) hanno riportato con una certa enfasi  -come se si fosse trattato di un'azione di forza a danno di studenti e genitori-  la notizia che nell'Istituto Comprensivo di Montignoso (MS), è stato introdotto l'obbligo per gli studenti della media  "G.B Giorgini" di presentarsi in classe con una specie di divisa.
In realtà, già all'inizio di quest'a.s. (2)  la scuola balzata agli onori della cronaca aveva comunicato la decisione di adottare l'abbigliamento previsto e il fatto non aveva incontrato contestazioni, anche perché a provvedere alle spese non saranno le famiglie  (come accade altrove), ma un'azienda del territorio, il gruppo  Campolonghi, leader a livello internazionale dell'industria lapidea.  Attraverso la sua Fondazione, il Gruppo fornirà ad ogni allievo la sua tenuta scolastica, senza chiedere niente in cambio.
Non si capisce quindi dove sia lo scandalo o la decisione arbitraria e vessatoria, che alcuni giornali hanno ipotizzato dando spazio alla posizione contraria di certi genitori forse pregiudizialmente ostili, per motivi ideologici, ad ogni novità.  Tanto più che l'iniziativa ha trovato il consenso di più del 75 % degli studenti interrogati con un questionario somministrato per l'occasione.
Come ho avuto già modo di ricordare, la divisa scolastica  (ma in realtà, nel caso in questione, si tratta di un completo casual composto da una polo, una felpa e un pantalone, con il logo della scuola, creato dagli stessi allievi e ispirato al mare, alle montagne e al castello Aghinolfi, simboli di Montignoso), è uno strumento altamente democratico ed educativo, perché non solo annulla le differenze sociali, e quindi è un formidabile fattore di uguaglianza, ma ripristina, all'interno dell'ambiente scolastico, un clima di ordine, di decoro, di buon gusto, di rispetto, di appartenenza alla medesima comunità, tutti elementi che oggi sono fortemente compromessi da abbigliamenti che rappresentano spesso un insulto alla decenza e all'istituzione scolastica e da comportamenti che meriterebbero di essere sanzionati con la reclusione.
Solo chi è in malafede o razzista può continuare a sostenere la vecchia solfa che l'uniforme scolastica, peraltro tranquillamente usata in altri paesi  (a partire dal Regno Unito e dalla Francia, nonché dalle scuole inglesi e francesi presenti a Roma), costituisca una limitazione dell'individualità del ragazzo.
Iniziative come questa dovrebbero essere seguite subito da tutte le scuole italiane.
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Note
(1)  Cfr. ad esempio  "Tutti in divisa prima di Natale", che cita affermazioni quantomeno pretestuose ed ostruzionistiche del 'fronte del no'   e  "La divisa piace ai ragazzi ma il no arriva dai genitori".

(2)  V. Circolare del 20-09-11, rivolta ai genitori degli alunni della scuola media.
Di seguito la parte relativa all'abbigliamento scolastico  (pag. 3):
"Il nostro Istituto, in tutte le sue componenti, ha condiviso la scelta dell’adozione di un abbigliamento scolastico idoneo a sviluppare il senso di appartenenza senza soffocare le differenze e tanto meno lo sviluppo delle personalità, che anzi sono indirizzate a sostanziarsi di ben altri contenuti.
Si tratta di  un cammino appena iniziato da fare insieme, alunni, famiglia, scuola;  la collaborazione di tutti, la giusta considerazione di ogni punto di vista ed il rispetto delle scelte della comunità scolastica sono fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Gli alunni, pertanto, dovranno indossare  l’abbigliamento scolastico adottato da questo Istituto; per le lezioni di Educazione Fisica, si invita a fornire gli alunni di scarpe da ginnastica, maglietta e pantaloncini o tuta."

martedì 20 dicembre 2011

Roma: degrado inarrestabile o esiste ancora qualche speranza ?



 Una fermata della metropolitana di Roma.
di A. Lalomia

Leggo con interesse gli articoli di Manlio Lilli (1) su Roma pubblicati su  “Libertiamo”, perché mi sembrano esemplari di come si possa affrontare un tema così complesso come quello dell’amministrazione di una metropoli unica al mondo, qual è appunto Roma, con competenza  e con toni pacati ma nello stesso tempo fermi, senza rinunciare ad esprimere critiche per il modo in cui l’Urbe continua ad essere amministrata. 
È del tutto scontato che l’unicità di Roma  (2)  rende la sua amministrazione molto difficile; io credo però che le giunte comunali  che si sono succedute nel corso dei decenni avrebbero potuto    -e dovuto-   fare qualcosa di ben più sostanzioso di quanto si sono vantate  (e continuano a vantarsi) di aver realizzato.
L’attuale giunta, ad esempio, all’inizio del suo mandato aveva fatto nascere nei romani speranze ed aspettative, che però sono rimaste in buona parte tali, in quanto la sua azione si sta rivelando sempre più inadeguata e comunque  poco efficace  -mi verrebbe da dire evanescente-  (con buona pace dei manifesti autocelebrativi)  soprattutto in settori chiave, cioè quelli che riguardano la stragrande maggioranza dei cittadini.  Sto parlando di aree strategiche quali i trasporti, il traffico, la pulizia e l’illuminazione delle strade, l’ordine pubblico  (compreso l’accattonaggio), la manutenzione e  l'igiene delle scuole, tutte aree che continuano a rimanere in secondo piano nell’agenda dei lavori, come se le priorità fossero altre  (per esempio la costruzione di un nuovo stadio o di una seconda sede del Campidoglio).

Non mi sembra un modo corretto di concepire  i reali interessi della città, su cui peraltro si sprecano da tempo immemorabile fiumi di retorica circa la necessità di migliorarne l’immagine, con relativi mega-progetti  (per di più costosi)  all’insegna dello slogan  (ormai stantio)  di  ‘Roma capitale’.  Sono decenni che questa formula viene impiegata in modo disinvolto da giunte comunali di diverso colore politico, senza però che nei fatti sia cambiato granché  (a parte alcune iniziative, che hanno un po’ il sapore di propaganda elettorale).
Il degrado della città sta diventando sempre più opprimente, insopportabile, e non mi stupirei se, al momento del prossimo appuntamento elettorale per le comunali, la cittadinanza presentasse il conto per le promesse non mantenute e per il modo in cui continua ad essere trattata.
I romani  (ma anche buona parte dei turisti che rappresentano una parte importante dell’economia cittadina)  si sentono presi in giro, offesi, insultati dalle chiacchiere e dai discorsi demagogici.
Eppure basterebbero piccoli provvedimenti per far vedere alla comunità che in Campidoglio si sta facendo finalmente sul serio.
A parte la questione dei taxi  (di cui mi sono occupato anche recentemente),  non si riesce a capire ad esempio per quale motivo non si provveda subito a rendere un po’ meno indecenti e insicure le stazioni delle metropolitane e soprattutto della ferrovia Roma-Viterbo , riparando le scale mobili e gli ascensori  (perennemente guasti, con assoluto disprezzo per i disabili e per quanti comunque presentano limiti nella deambulazione), nonché i tabelloni degli orari  (quasi sempre in tilt); provvedendo a togliere i cumuli di immondizia; eliminando la musica sguaiata e assordante che esce dagli altoparlanti e che lacera le orecchie dei viaggiatori; ripulendole dai graffiti abominevoli; ordinando lo stazionamento in questi luoghi di pattuglie di vigili, che funzionino quantomeno da deterrente per i teppisti che le considerano quasi terreno di caccia personale  (con buona pace delle telecamere, che dovrebbero prevenire certi atti).
A cosa serve mantenere un esercito di vigili, se poi non si affidano loro compiti che dovrebbero rientrare nelle loro funzioni ?  Tanto più che ormai sono ben pochi i vigili addetti al controllo del traffico, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti: una città ormai prossima al collasso sul piano della circolazione  (e non solo), dove anche il più piccolo spostamento provoca stress e intere ore perse. File interminabili di auto lasciate allo sbando da chi ha il dovere di evitare il caos.
Per essere credibili  (e per sperare di essere riconfermati alle prossime elezioni) non basta fare il restyling alle auto dei vigili  (quando si fanno vedere per strada, parcheggiano spesso negli incroci e sotto i semafori, rendendo il traffico ancora più apocalittico), abbellendole con la scritta di indubbia efficacia propagandistica quale, appunto, “Roma capitale”  (ma i fondi destinati a questa spesa non potevano essere utilizzati meglio ?)  Credo che ci voglia qualcosa di più.
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L'A. è un esperto urbanista e profondo conoscitore del patrimonio archeologico romano.
Riporto un solo passo del primo testo:
"Si continua ad inseguire un’idea di città che non appartiene a Roma. Un’idea che spesso mortifica il suo passato senza valorizzarlo adeguatamente. Ma che allo stesso tempo ostacola il suo presente con scelte senza alcuna ratio. La politica romana continua
a mostrare una certa incapacità a progettare una città nella quale la vivibilità dei suoi fruitori – cittadini e turisti-, raggiunga standard accettabili. Una città nella quale la storia millenaria non sia più l’alibi per inefficienze e disservizi."

(2)   Per il fatto di essere contemporaneamente capitale di una delle maggiori potenze industriali del mondo, centro del cattolicesimo  (ma per diversi secoli dell’intera Cristianità), il più importante sito archeologico del pianeta, depositaria di inestimabili ricchezze artistiche, nonché sede di organismi internazionali  (e si potrebbe continuare).
Sul degrado della città, cfr. ad esempio (al di là del linguaggio non sempre accademico) "Riprendiamoci Roma".
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lunedì 19 dicembre 2011

Un approccio originale alla storia dell'Italia contemporanea.



di A. Lalomia


L’associazione Openpolis ha pubblicato qualche settimana fa “I tecno-professori. Rapporto sulla composizione del Governo Monti per età e genere.”.
In realtà, si tratta di un dossier di otto pagine con statistiche e grafici su alcuni aspetti della storia repubblicana, dal 1948 ad oggi, non sempre valutati nei servizi giornalistici o nei manuali scolastici.
Il testo, oltre a fornire dati sui governi italiani, procede ad una comparazione tra l'attuale esecutivo e gli omologhi europei in carica.
Un approccio originale, utile anche in ambito didattico, con le opportune integrazioni.

domenica 18 dicembre 2011

Perché, Signor Presidente ?

Tommaso Padoa-Schioppa
di A. Lalomia
 Palazzo Koch, sede centrale della Banca d'Italia.

Il 16-12-11 il Presidente del Consiglio Mario Monti, nel corso di una conferenza in memoria di Tommaso Padoa-Schioppa  (1940-2010) svoltasi a Palazzo Koch  (nella centralissima Via Nazionale di Roma),  ha parlato esclusivamente in inglese, sollevando perplessità e polemiche in più ambienti, soprattutto da parte dell'Associazione Democrazia Linguistica, che da anni si batte per la tutela delle lingue nazionali e  contro quello che giudica lo strapotere della lingua inglese e il suo progetto di colonizzazione linguistica a livello planetario.
Ora, è vero che in quella riunione figuravano anche blasonati esponenti anglofoni della finanza internazionale  -a partire dal Governatore della Banca d'Inghilterra, Mervyn King-  e che il programma dell'incontro non lasciava spazio ad equivoci circa la lingua da usare  (1) , ma anch'io considero un po' eccessivo il fatto che nella sede centrale di una delle nostre istituzioni più prestigiose, qual è appunto la Banca d'Italia, e per di più per commemorare un illustre connazionale, si sia impiegata soltanto una lingua straniera  (2).
Il nostro Paese è ricco di bravissimi traduttori simultanei e non posso pensare che la Banca d'Italia ne sia sprovvista.
Sia chiaro: io amo l'inglese  (anche se non sarei disposto per nulla al mondo a rinunciare alla mia lingua, che considero la più eufonica, melodiosa e musicale tra quelle esistenti); però ritengo che in questo modo il premier abbia indebolito l'azione di quanti, in Italia e all'estero, si sforzano di difendere e di valorizzare la nostra lingua e la nostra cultura.
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Note
(1)  "Working language: English".

(2)  Oltretutto, su ventuno partecipanti, ben nove erano italiani, a cominciare appunto dal Presidente del Consiglio.  Gli altri rappresentanti italiani erano: Lorenzo Bini Smaghi, Giovanni CarosioMario Draghi (Presidente della BCE), Andrea Enria, Stefano Micossi, Fabrizio Saccomanni, Giacomo VaciagoIgnazio Visco  (Governatore della Banca d'Italia).
Ancora più curioso, comunque, è il fatto che per la conferenza del 16 dicembre la Banca d'Italia abbia predisposto un testo di ben settantadue pagine, "Tommaso Padoa-Schioppa: a preliminary bibliography of his writings.", in cui la presentazione è esclusivamente in inglese  (pp. 5-6: "Note to the reader")  e dove le schede vedono un mix francamente inusuale di italiano e di inglese.

giovedì 15 dicembre 2011

Alla ricerca della vera identità di William Shakespeare.

William Shakespeare
Elizabeth I Tudor

di A. Lalomia


Vorrei proporre ai lettori del blog un articolo che tenta di scoprire la vera identità del più famoso drammaturgo inglese.  
Si tratta in realtà di un'impresa quasi impossibile, anche se il regista Roland Emmerich, nel suo recente film “Anonymous”, non ha dubbi: l'autore di alcune delle più grandi opere della letteratura di tutti i tempi sarebbe Edward de Vere  (1550-1604), conte di Oxford, vissuto alla corte di Elizabeth I Tudor  (1553-1603; regina d'Inghilterra dal 1558 al 1603).  Una tesi che per la verità è sostenuta anche da altri.
Ancora più clamorosa la tesi di quegli studiosi secondo cui Shakespeare andrebbe identificato con Francis Bacon  (1561-1626), uno dei padri della scienza moderna.  Infine, non manca chi sostiene che il Bardo dell'Avon sarebbe italiano, per l'esattezza di Messina. 

Edward de Vere 
Francis Bacon

mercoledì 14 dicembre 2011

Roma e i taxi. Un articolo condivisibile.

Enzo Raisi
di A. Lalomia 


In passato mi sono occupato più di una volta del tema indicato nel titolo di questo post, anche per proporre qualcosa di concreto a favore di quei docenti che a causa delle loro condizioni di salute non possono spostarsi in modo normale in città  (1). Ecco perché sono d'accordo con Enzo Raisi, che nell'articolo publicato il 13-12-11 su "Libertiamo" ha messo in evidenza la scarsa lungimiranza della politica condotta dai tassisti romani.
In una città caotica come Roma, con servizi di trasporto pubblici inadeguati, l'uso del taxi  (a prezzi ovviamente ragionevoli), potrebbe rappresentare una valida soluzione per cercare di sopravvivere allo stress da spostamenti (anche per piccoli percorsi)  e per restituire finalmente ai disabili la possibilità di muoversi in modo relativamente autonomo.
È  incredibile che i tassisti capitolini non si rendano conto che continuando a difendere ad oltranza le loro posizioni di rendita non solo penalizzano la città  (e soprattutto le categorie più disagiate), ma non fanno neanche i loro interessi, visto che abbassando le tariffe avrebbero più clienti  (2).
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Note

(2)  "Anziché opporsi ad un allineamento delle regole italiane a quelle delle società più avanzate e dinamiche del pianeta, sarebbe auspicabile che gli attuali tassisti raccogliessero la sfida della concorrenza, accettando magari di diventare piccoli imprenditori proprietari di tre, quattro o dieci automobili condotte da giovani oggi disoccupati"  (Enzo Raisi).

domenica 11 dicembre 2011

Roberto Saviano a New York: fatti e misfatti della finanza internazionale.

Roberto Saviano
di A. Lalomia
Confesso che Roberto Saviano non rientra tra i miei autori preferiti, però ritengo che il suo ruolo di intellettuale impegnato nel denunciare le nefandezze dei potentati criminali ed economico-finanziari, rischiando la propria vita, sia da additare come esempio ai giovani, soprattutto a quei ragazzi che sentono molto forte, a causa del contesto sociale in cui vivono, il richiamo della malavita, considerata spesso  l'unica via per uscire da una situazione di miseria e di emarginazione.
Nouriel Roubini
Saviano ha vissuto e insegnato negli ultimi mesi a New York, dove l'8-12-11 ha partecipato ad un incontro di alto livello ("Italia e Stati Uniti: due punti di vista sulla crisi")  svoltosi presso la New York University e reso possibile grazie anche all'impegno del Direttore della Casa Zerilli-Marimò, Stefano Albertini. Altro ospite illustre: Nouriel Roubini, considerato uno dei massimi esperti di finanza e già consigliere di Bill Clinton durante il suo mandato alla Casa Bianca.  Moderatrice del dibattito: Ruth Ben-Ghiat, preside del Dipartimento di Studi Italiani della New York University.
Il tema principale del discorso di Saviano ha riguardato il ruolo delle banche nel riciclaggio del denaro sporco, proveniente cioè da attività illecite di gruppi criminali più o meno organizzati.
I dati che ha fornito sono impressionanti:  le "banche europee e statunitensi lavano tra i 500 e i 1000 miliardi di dollari di denaro sporco ogni anno [...] in un decennio sono stati lavati tra i 2.500 e i 5.000 miliardi di dollari e sono passati dagli istituti finanziari americani, messi in circolo, di cui 100 miliardi all’anno (1.000 miliardi in dieci anni) di evasione fiscale e narcodollari". Negli ultimi vent'anni  "sono entrati negli Stati Uniti 5.500 miliardi di dollari provenienti da estorsione, narcotraffico, traffico di esseri umani e criminalità in genere".
E quando parla di banche si riferisce a colossi quali Citibank e Wachovia. 
Le sue accuse non lasciano spazio ad equivoci: "Una delle più grandi banche americane, Citibankderiva un'alta percentuale dei suoi profitti dai servizi offerti ai criminali e dai conti su cui depositano i loro soldi”.  L'istituto di credito avrebbe "oltre 100 miliardi di dollari di asset in conti segreti".
Ancora peggio per quanto riguarda Wachovia, costretta sì a pagare una multa di 50 milioni di dollari per aver consentito il trasferimento di fondi pari a 378 miliardi di dollari provenienti dal traffico di droga, ma che dopo la scoperta dello scandalo si è vista premiata in Borsa con un rialzo dei titoli azionari.
L'aspetto più tragico del problema, forse, è che “Negli ultimi venti anni la crescita di attività bancarie illecite ha tolto risorse a quelle lecite...”.
Per Roubini, intervenuto dopo Saviano, il nocciolo del problema è rappresentato dalla "sovrapposizione costante tra attività legali e illegali”.  L'economista americano ha aggiunto che "l’Europa è già in recessione, se l’Eurozona collassasse e si dissolvesse l’effetto sarebbe infinitamente peggiore del crack di Lehman Brothers".  Ha poi espresso grande apprezzamento per Monti, invitandolo però a varare riforme che non si limitino al risanamento dei conti pubblici, ma ridiano fiato alla ripresa economica.
Qui la cronaca dell'evento fornita da i.italy.org.
Qui, invece, l'audio del discorso dello scrittore napoletano.

sabato 10 dicembre 2011

Giorgio Israel: una giusta indignazione.

di A. Lalomia
Giorgio Israel ha recentemente richiamato l’attenzione dei suoi lettori su un fumetto pubblicato qualche giorno prima su una rivista per ragazzi.  L’A. non ha commentato il testo  (quantomeno non subito)  anche se la sua legittima disapprovazione è apparsa del tutto evidente sin dall’inizio. D’altronde, dalle reazioni del pubblico, è emersa chiaramente  la terribile caduta di stile  (per non parlar d’altro)  in cui sono incappati i redattori e la direzione del periodico  (1).
In effetti, quel fumetto, oltre ad essere di una stupidità senza limiti, è rozzo, squallido, sguaiato, osceno, tragicamente antieducativo.  Fa credere all’opinione pubblica che tutti i docenti italiani siano rappresentati da un mentecatto che viene presentato come un insegnante di Filosofia il quale mercanteggia la sua cultura con una scommessa da bassifondi, e che l’intera popolazione studentesca debba identificarsi con gli zombie che si prendono gioco di lui e che gli rivolgono domande degne soltanto del loro stato di pitecantropi  (ma definirli così è troppo generoso).
Non escludo che nella scuola italiana possano esistere situazioni in cui l’immagine di docenti e allievi sia fortemente inquinata da comportamenti incompatibili con il loro ruolo e con l'ambiente in cui trascorrono una parte rilevante della loro giornata  (2).
Credo però che la maggioranza dei docenti e degli allievi sia di ben altro spessore etico ed intellettuale e che debba quindi ritenersi offesa da una rappresentazione così becera.
Se questo è vero, spero allora che professori e ragazzi facciano sentire la loro protesta in modo civile ma fermo e vigoroso, inviando al suddetto giornale e-mail di disapprovazione e invitandolo a trattare i temi riguardanti la scuola in modo meno triviale, senza incoraggiare negli allievi atteggiamenti denigratori, villani, che minano alle basi ogni armonico rapporto sociale.
Con buona pace di quanti hanno relegato l'episodio a manifestazione marginale del cattivo gusto imperante, io credo invece che Giorgio Israel abbia fatto benissimo a soffermarsi su questo caso, perché non bisogna mai sottovalutare l’impatto che possono produrre, soprattutto su menti giovanili particolarmente predisposte, messaggi considerati ormai innocui, ma in realtà devastanti. L'assuefazione alla volgarità e all'ignoranza è quanto di peggio possa capitare a chi dovrebbe porsi l'obiettivo di educare i giovani, oltre che di trasmettere loro nozioni.
Quando si reclamano più dignità e riconoscimenti per gli insegnanti, non bisogna mai dimenticare che i primi a dover dare l’esempio devono essere proprio i docenti.  
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Note
(1)  Qualche lettore, però, un po' troppo frettolosamente, ha cercato di minimizzare l’episodio, considerandolo quasi normale, visti i tempi.

(2)  E d’altronde, io stesso, di tanto in tanto, mi permetto di segnalarlo.

Elogio della meritocrazia.

di A. Lalomia
Vorrei segnalare ai lettori del blog l'articolo di Giuseppe Provenzano pubblicato oggi sul "Riformista".
Finalmente parole chiare, da una certa parte del mondo politico, sui risultati catastrofici che hanno prodotto teorie  (pseudo)pedagogiche considerate oro colato fino a pochi anni fa e che sono state utilizzate da personaggi senza scrupoli per i loro affari personali.
Senza arrivare agli eccessi di Crown Woods, il college inglese dove gli studenti più meritevoli si distinguono dagli altri sia per l'abbigliamento che per l'edificio in cui studiano, credo che si arrivato il momento di riportare serietà e selezione all'interno delle scuole, offrendo a tutti pari opportunità, ma senza transigere su principi non negoziabili e soprattutto sul valore della condotta.
Riporto solo un paio di brani dell'articolo.
"Nel declino dei “bravi a scuola” è il declino dell’Italia. E ci sono aspetti strutturali: un’economia sempre meno competitiva, con scarso contenuto di innovazione e conoscenza, sottoutilizza o spreca il “capitale umano”, e non solo contribuisce all’impoverimento collettivo ma scoraggia l’investimento formativo. Il declino dei tassi di iscrizione all’università ne è la più preoccupante testimonianza, così come il rischio che a minori aspettative di benessere, per le nuovissime generazioni, si affianchi ora una minore quantità e peggiore qualità di sapere.
È difficile non cogliere un disegno perverso nella devastazione di una scuola pubblica che pure non riusciva a garantire pieno sviluppo delle capacità e promozione dei talenti, in cui il successo formativo è ancora largamente determinato dal retroterra socio-economico e familiare.

Essere “bravi a scuola”, investire in sapere e conoscenza, non serviva più in un’Italia a debole economia e pessima burocrazia, dove i concorsi pubblici erano finiti e si affollavano come un tempo le anticamere dei favori e delle raccomandazioni. Altri erano i modelli di affermazione sociale, e i “bravi a scuola” nella vita potevano essere perdenti.
Molti tendevano a diventare allora solo secchioni, un po’ sfigati e incattiviti, che dal primo banco guardavano gli altri con disprezzo e rancore: e non passavano il compito. Ma agli altri ormai non importava più: nella vita avrebbe vinto uno di loro. [...]  Tornasse davvero il tempo dei “bravi a scuola” sarebbe un gran bene per l’Italia post-berlusconiana. Non siano solo secchioni, però, solerti nello svolgere il solito compito: gravare su quelli per cui la vita è già grave, per dire. I “bravi a scuola” diventano i migliori, per intelligenza delle cose e forza morale, solo se si sforzano di trovare strade nuove, solo facendosi prossimi ai più deboli: i più fragili, i più imperfetti, persino i più vili e i più opportunisti. La buona politica è passione per la zona grigia, per quelli che non si salvano da soli, per i banchi della terza fila. È persino disponibilità generosa a passare i compiti, qualche volta, all’onesto copiare come esempio ed emancipazione. È la sinistra, quella che le lacrime di una professoressa ricordano appena vagamente."