Cerca nel blog

sabato 15 dicembre 2018

Venti di guerra nel Mediterraneo ?

Cipro al centro di un braccio di ferro tra Stati Uniti e Russia per l'intenzione dei primi primi di allestire una base militare sull'isola.
----------------------------------------------

Cipro è sempre più al centro delle dispute internazionali e non solo riguardanti lo sfruttamento dei vasti giacimenti di idrocarburi che sono stati individuati nel suo offshore.
Il pomo della discordia stavolta sarebbe una presunta installazione segreta americana nell’isola al centro del Mediterraneo orientale che gli Stati Uniti starebbero per aprire nella già ben nota base inglese di Akrotiri.e il Cremlino lo scorso mercoledì ha fatto sapere in una nota del ministero degli Esteri che un simile scenario comporterà una dura risposta da parte di Mosca, forse le condizioni che si verifichi una simile eventualità sono tutt’altro che improbabili. 

giovedì 13 dicembre 2018

Sopravviverà la scuola italiana a certe decisioni ?


Apprezzabile presa di posizione di Giorgio Ragazzini su una scelta ministeriale alquanto discutibile, visti i livelli di preparazione dei nostri diplomati.

----------------------------------------------

Si annuncia una circolare del ministro Bussetti per “sensibilizzare il corpo docente e le scuole ad un momento di riposo degli studenti e delle famiglie affinché vengano diminuiti i compiti durante le vacanze natalizie”. L’italiano non è ineccepibile e il messaggio a genitori e studenti non è certo nuovo: “Sono dalla vostra parte”. Ma perché si parla di “diminuire” i compiti dando per scontato che sarebbero troppi? In base a quali dati il ministro Bussetti (come diversi suoi predecessori) teme che tanti bambini e ragazzi, per colpa dei troppi compiti, debbano sacrificare i «piaceri della vita familiare e degli amici» e rinunciare a “fare movimento, dedicarsi ai propri hobby e andare a vedere delle mostre”?
Naturalmente in questi casi i giornali tornano a sentire il nemico giurato dei compiti a casa, quel preside Parodi che li vorrebbe abolire totalmente, perché “suscitano odio e repulsione per la cultura”, e che ha “già” raccolto quasi 32 mila adesioni: in 4 anni e un mese, su una platea di milioni di genitori e di studenti (rarissimi i docenti). Del resto un sondaggio da noi commissionato un anno fa all’istituto demoscopico “Eumetra” abbia detto una parola chiarissima in proposito: solo 22 italiani su cento sostengono che “sono inutili, meglio abolirli”, mentre il 75%  pensa, con  molto buon senso, che “sono utili, se non sono troppi”. Lo stesso buon senso che fa auspicare una scuola “più esigente”: nel valutare  sia la preparazione (59%), che il comportamento (67%); e il 68% giudica sbagliata l’abolizione del voto di condotta. Sono dati di cui l’attuale ministro dovrebbe far tesoro, senza preoccuparsi oltre di quella minoranza di genitori che sanno sempre meglio degli insegnanti cosa è utile ai figli e cosa no, e che in certi casi sono pronti a spiegarglielo a suon di botte.

L'Istituto Lombardo di Storia Contemporanea (ILSC)


ILSC – Istituto Lombardo di Storia Contemporanea viene fondato nel 1974 e fa parte della rete degli Istituti INSMLI. L’obiettivo principale dell’ Istituto è promuovere la ricerca storica sulla Lombardia contemporanea”, inserendosi sempre nel contesto attuale, muovendosi nell’ambito della Public History.

Riviste: 
L’Istituto Lombardo di Storia Contemporanea ha all’attivo due riviste: Storia in Lombardia, che tratta delle vicende storiche della Lombardia Contemporanea, e PreText, una rivista sulla storia dell’editoria e del giornalismo.
L’ILSC organizza diverse attività tra mostre, seminari, convegni e giornate di studio. Di seguito riportiamo l’elenco degli eventi partendo dai più recenti:
-------------------------------------------------------

Istituto Lombardo Storia Contemporanea – ILSC, "Bibliostoria, !3-12-18.


mercoledì 12 dicembre 2018

Banche centrali. Flagello dell'umanità ?

Stephen Mitford Goodson, Storia delle Banche Centrali e dell’asservimento del genere umano, traduzione di Isabella PellegriniGingko Editore, Verona 2018, pp. 282, 15,00 €.  

Recensione di Tim Sunic. 


Nella coscienza popolare europea, il denaro viene tradizionalmente associato a qualcosa di sporco, di criminale, qualcosa di non degno dell’uomo europeo, qualcosa che, si dice, solo gli stranieri e gli alieni lontani possono assaporare e concretizzare ai massimi livelli. Dall’antichità alla post-modernità sono stati scritti innumerevoli libri sullo sporco denaro e l’oro maledetto. Si pensi all’antico re greco Creso, all’oro maledetto di Mida, o alla strage di massa nella saga medievale dei Nibelunghi, la cui storia ruota attorno all’oro nascosto nel Reno e alla sofferenza da esso causata.

Come Stephen Goodson ci ricorda nel suo libro, né l’ossessione per il denaro astratto, né la pratica dell’usura o l’idea dell’oro hanno perso molta della loro connotazione letale. Anzi, tante delle moderne transazioni commerciali e delle pratiche finanziarie illecite, mosse proprio dall’avidità per l’oro, sono diventate ancora più letali, minacciando questa volta non solo la sopravvivenza della civiltà occidentale, ma l’intera umanità.
Anzitutto bisogna chiarire che Goodson non è un adepto di teorie cospiratorie e neanche un autore contro gli ebrei la cui prosa fa spesso più male che bene a un lettore che voglia far luce sul tema del denaro fittizio e sui suoi artefici, che invece tanto fittizi non sono. A tal proposito, Goodson vanta ottime referenze sull’argomento da lui analizzato nel libro; è stato membro del Consiglio di Amministrazione della SARB (South African Reserve Bank) e vanta una lunga esperienza nel settore bancario o, per dirla meno moralisticamente, era un diretto osservatore del business dell’insider trading. Com’è possibile che nel nostro cosiddetto migliore dei mondi democratici, un mondo che vanta trasparenza e un sistema giudiziario indipendente, la maggioranza dei cittadini non abbia la benché minima idea di chi sono gli azionisti delle principali banche centrali, come la Federal Reserve negli Stati Uniti e molte altre banche sparse per il mondo? Goodson dimostra come in realtà la celebre Federal Reserve non abbia niente a che fare con i beni dello stato o con il significato di democrazia negli Stati Uniti, ma rappresenti invece una società anonima, un’associazione a delinquere di potenti motori e agitatori finanziari. Non è certo un caso se dallo scoppio della cosiddetta bolla immobiliare degli Stati Uniti, nel 2008, nessuno dei principali banchieri, che sia della Goldman Sachs o della JP Morgan, è stato chiamato in causa per aver stampato denaro falso o concesso prestiti surreali. Come per dire, una mano lava l’altra.
Nel libro di Goodson traspare una profonda conoscenza della situazione socio-politica dell’antica Roma, dell’Inghilterra di Cromwell e della Germania di Weimar. Pertanto, quest’opera non può essere considerata l’ennesimo noioso tassello nel mosaico della ridicola letteratura cospiratoria e antisemita, come invece succede spesso con i testi di molti estremisti di destra. È proprio la narrazione imparziale di Goodson, ben inserita nei diversi contesti storici, a rendere il libro non solo un saggio informativo e colto, ma anche una lettura piacevole per un principiante desideroso si saperne di più sul mistero che ruota attorno al denaro.

Wladimir Putin rende omaggio ad Aleksandr Solženicyn


di Riccardo Arbusti.

ll presidente russo VLADIMIR PUTIN ha inaugurato oggi a Mosca una statua di Alexander Solgenitsin nel giorno in cui ricorre il centenario della sua nascita, parlando dello scrittore, Premio Nobel per la letteratura nel 1970, e dissidente morto a Mosca nel 2008, come di un “vero patriota”.
Anche in esilio (dopo l’espulsione dall’Urss nel 1974, lo scrittore si stabilì nel Vermont fino al 1994, quando fece ritorno in Russia, senza tuttavia mai integrarsi nella vita americana), Solgenitsin “non consentiva a nessuno di parlare male o con sufficienza della sua madrepatria”. “Si ergeva contro qualsiasi forma di russofobia”, ha sottolineato Putin, in un riferimento al termine che viene ora usato di frequente nella narrativa politica contemporanea russa per liquidare le posizioni dell’Occidente.


La grandezza di Aleksandr Solženicyn a cento anni dalla nascita


«Il silenzio è il linguaggio di tutte le forti passioni, dell’amore (anche nei momenti dolci) dell’ira, della meraviglia, del timore»: così ha scritto nel suo Zibaldone Giacomo Leopardi, dimenticando, forse volontariamente, che il silenzio è anche il linguaggio dell’imbarazzo, come del resto appare fortemente imbarazzato il silenzio del mondo culturale occidentale che tra lo scorso 3 agosto e l’11 dicembre prossimo avrebbe dovuto ricordare i dieci anni della morte e i cento anni della nascita, rispettivamente, di uno dei pilastri della civiltà occidentale quale è stato Aleksandr Solženicyn.

L’OPPIO DEL SOCIALISMO

Solženicyn, infatti, tanto più andrebbe ricordato e commemorato quanto più ci si professa amanti della democrazia e della libertà, specialmente in un’epoca, come quella attuale, in cui le parole “democrazia” e “libertà” sono così usate e abusate da inflazionarsi a tal punto da perdere tutto il loro intenso e reale peso specifico morale e umano.
Probabilmente, proprio per questo motivo, l’intellighenzia del mondo occidentale odierno tace su un evento così importante, poiché ha contribuito in questi ultimi anni ad erodere i significati autentici di democrazia e di libertà così, invece, genuinamente incarnati dalla vita, dalle opere e dal pensiero di Aleksandr Solženicyn di cui furono traditi lo spirito e l’insegnamento proprio per mano dei suoi colleghi scrittori, letterati e intellettuali occidentali obnubilati dall’oppio del socialismo (per parafrasare la felicissima formula di Raymond Aron). 


lunedì 10 dicembre 2018

I ricordi della figlia illuminano la figura di Ezra Pound.



Una colluttazione tra la luce e l’ombra. Un viaggio negli abissi del Novecento con la torcia accesa della poesia. Un metodico lavoro artigianale per liberare il nome di Ezra Pound dalle incrostazioni e restituirlo al canone letterario. Una visita al cantiere – sorprendentemente ancora aperto – dei Cantos, il poema di una vita, importante per il Nord America quanto la Commedia di Dante per la civiltà italiana. Si trova tutto questo nelle pagine di Ho cercato di scrivere Paradiso. Ezra Pound nelle parole della figlia: conversazioni con Mary de Rachelwiltz (Mondadori, pp. 264), con cui il poeta Alessandro Rivali corona dieci anni di esplorazioni alla ricerca della “ghianda di luce” che tanto ossessionava il poeta americano. Non un libro su Pound, o meglio, anche un libro su Pound (come la famosa intervista di Truffaut a Hitchcock non è tanto un libro su Hitchcock quanto un libro sui segreti del cinema): è soprattutto un viaggio nei luoghi della poesia in cui la figura dello scrittore, pagina dopo pagina sempre più nitida e familiare, è come un Virgilio dantesco; non perde cioè la sua monumentalità ma è presente soprattutto per fare da guida, per indicare orizzonti al di là della coltre fitta della Storia.


D’altra parte, ogni poeta non è tale se non è anche mentore, se non genera. In questo viaggio Alessandro Rivali è Dante. Mary de Rachelwiltz, anch’ella in primis poetessa, forse è Beatrice: figlia di Ezra Pound e sua “tesoriera”, cioè curatrice del prezioso archivio poundiano di Brunnenburg (il castello tirolese teatro delle “conversazioni”, sede dell’Ezra Pound Center for Literature) e custode di un’eredità che è pienamente umana: intellettuale, letteraria e affettiva insieme. Pronta quindi Mary, di quell’eredità, a rivelare la luce («sebbene – scrive Rivali – la poesia sia anche il buio dentro al tunnel»).

giovedì 6 dicembre 2018

Riflettori puntati su Hans Ulrich Rudel, mitico asso dell'aviazione tedesca



Hans Ulrich Rudel, Pilota di Stuka, Gingko Editore, Verona 2018, pp. 364, 16,00 €. Prefazione  (finora inedita per l'Italia)  del famoso pilota britannico Douglas Bader (1910-82). Di seguito, stralci del testo di Bader, tradotto da Angelo Paratico:

[...] Alla fine di questa guerra alcuni di noi hanno avuto l'opportunità d’incontrare vari famosi piloti dell'aeronautica militare tedesca, che fino ad allora erano stati, appunto, solo dei nomi per noi. [...]  Essendo stato prigioniero in Germania per la gran parte della guerra, avevo sentito parlare di Hans Ulrich Rudel. Le sue gesta sul fronte orientale con il suo bombardiere in picchiata sono state di tanto in tanto pubblicizzate dalla stampa tedesca. Fu quindi con grande interesse che gli parlai quando arrivò nel giugno 1945.[...]  Essendo stato prigioniero in Germania per la gran parte della guerra, avevo sentito parlare di Hans Ulrich Rudel. Le sue gesta sul fronte orientale con il suo bombardiere in picchiata sono state di tanto in tanto pubblicizzate dalla stampa tedesca. Fu quindi con grande interesse che gli parlai quando arrivò nel giugno 1945. [...] Credo che noi tutti leggiamo con maggiore interesse un'autobiografia scritta da una persona che abbiamo incontrato, anche solo per poco tempo, rispetto a quella scritta da uno sconosciuto. Questo libro di Rudel è un resoconto di prima mano della sua vita nelle forze aeree tedesche per tutta la guerra, soprattutto a est. Non sono d'accordo con alcune delle conclusioni che egli trae, né con alcune delle sue riflessioni. Dopo tutto, io mi trovavo dall'altra parte. [...] Sono felice di aver potuto scrivere questa breve prefazione al libro di Rudel, dal momento che anche se l'ho incontrato solo per un paio di giorni, egli è, a tutti gli effetti, un gentiluomo e gli auguro buona fortuna. - Colonnello Douglas Bader, D.S.O., D.F.C.  


La Guerra Fredda in un romanzo di Flavio Babini


Ragazzi e adulti degli anni Ottanta, ma quanto eravate distratti: vi svegliavate la mattina e vi rallegravate della luce del giorno, vi godevate la bella stagione e le belle compagnie, la sera la birra con gli amici e in auto il rock di Bruce Springsteen, oppure al cinema con la ragazza a emozionarvi per le immagini e i dialoghi di Blade Runner. E non immaginavate che ogni mattina e ogni notte alcuni milioni di uomini in armi sparsi sul continente europeo dalla Norvegia alla Turchia e separati da un confine invisibile sull’acqua e nell’aria, ma visibilissimo nei reticolati e nei campi minati che attraversavano migliaia di km di territorio, tenevano il dito sul grilletto delle loro armi personali, o sul pulsante del missile del loro aereo da combattimento, o sulla leva di accensione di migliaia di carri armati, aerei, sommergibili pronti a scatenare una guerra lampo che solo con una bella dose di fortuna non sarebbe diventata atomica.

La Nazionale di calcio vinceva il suo terzo mondiale dopo 44 anni di astinenza e nella Juventus giocavano Boniek e Platini; l’Italia cominciava a uscire dal tunnel del terrorismo brigatista e l’astro di Bettino Craxi già brillava intenso; Ronald Reagan cambiava la faccia dell’America all’interno e all’esterno e Giovanni Paolo II trasmetteva energia a tutta la Chiesa con viaggi apostolici che toccavano tutti i paesi del mondo. Ma sopra a tutto ciò pendeva come una spada di Damocle la Guerra fredda, detta così perché le forze armate di Nato e Patto di Varsavia si affrontavano in perfetto assetto di combattimento ma senza sparare un colpo.

mercoledì 31 ottobre 2018

In Irlanda del Nord la tensione rimane alta.



Ogni anno in Irlanda del Nord repubblicani irlandesi e unionisti britannici costruiscono grandi pire per celebrare la loro cultura. Le pire sono costruite con legna di scarto e pallet rubati e talvolta raggiungono i 9 metri di altezza. Sono illegali, instabili e spesso mettono in scena l’odio profondo radicato da entrambe le staccionate di questo divario culturale.  
Sia i repubblicani che gli unionisti bruciano le bandiere avversarie in segno di protesta contro l’attuale suddivisione dell’Irlanda. Ma non solo: vengono dati alle fiamme anche i nomi dei combattenti caduti durante il conflitto che ha afflitto il Paese per decenni e che viene ormai definito come “i Troubles”.
Io e il collega Conall Kearney siamo andati a conoscere alcuni ragazzi che costruiscono le pire nel quartiere di Bogside, a Derry. Bogside, una roccaforte dei repubblicani irlandesi, è stato teatro del Bloody Sunday nel 1972, quando le truppe britanniche spararono a 28 manifestanti disarmati nelle strade. Furono uccise quattordici persone. Da allora, l’Ira ha avuto molta presa sul quartiere di Bogside.


sabato 21 luglio 2018

Sopravviverà l'Unione Europea a certi comportamenti ?


Il Presidente della Commessione Europea, Jane-Claude Juncker, al vertice NATO.

L'immagine di un'Europa in disfacimento ?
















giovedì 8 febbraio 2018

Jim Carrey dice addio a Facebook e invita gli altri a seguirlo.

L’attore e comico Jim Carrey ha chiuso la sua pagina Facebook, che era seguita da più di 5 milioni di persone, e ha detto di aver venduto tutte le azioni di Facebook che aveva comprato (non si sa quante fossero). Carrey ha scritto su Twitter di averlo fatto perché prima delle elezioni presidenziali statunitensi del 2016 Facebook «fece soldi grazie alle ingerenze russe» e «continua a non fare niente per fermare la cosa». Carrey ha poi scritto: «Invito tutti gli altri investitori che tengono al nostro futuro a fare come me». Il tweet di Carrey finisce con l’hashtag #unfriendfacebook ed è accompagnato da un suo disegno di Mark Zuckerberg, fondatore e CEO di Facebook, e dal simbolo del “dislike” (col pollice all’ingiù anziché all’insù). Carrey ha detto a SiliconBeat, il blog tecnologico del Mercury News, che «il mondo ha bisogno di un capitalismo con una coscienza».

È stato confermato che, prima delle elezioni del 2016, almeno 126 milioni di utenti di Facebook negli Stati Uniti videro post e altri contenuti creati da account riconducibili al governo russo. Ma a fine 2017 anche Twitter – il social network usato da Carrey – disse di aver identificato circa 200 profili legati alle stesse organizzazioni russe che acquistarono annunci pubblicitari su Facebook con l’obiettivo di condizionare la campagna elettorale del 2016.

Jim Carrey se ne è andato da Facebook e dice che dovremmo farlo anche noi, "Il Post", 8-02-18.