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sabato 12 ottobre 2013

Contro il teppismo studentesco: un esempio da imitare.


di  A. Lalomia

Qualche giorno fa, a Bagheria, la madre di un ragazzo che, assieme a dei coetanei, aveva devastato una scuola e sottratto articoli di cancelleria, ha denunciato il giovane alle forze dell'ordine. 
Il piccolo teppista è rimasto in famiglia, visto che ha appena tredici anni, ma il fatto ha sollevato unanime consenso tra tutti coloro i quali, lavorando nella scuola, assistono quasi quotidianamente ad episodi di bullismo, ad atti vandalici, a furti, a vere e proprie azioni criminali da parte di soggetti che ci si ostina a chiamare studenti.
Una prova del consenso che ha accolto il gesto della madre, è dimostrata dal numero di commenti apparsi sui quotidiani locali, a partire da "La voce di Bagheria":
"Bellissimo esempio, una mamma coraggiosa, sarei veramente onorato di incontrarla e stringerle la mano.";  "complimenti alla mamma, un esempio da seguire per il bene della società e dei propri figli.";  "Quest'Italia sarebbe un po' migliore se tanti genitori invece di coprire i figli anche quando la fanno grossa li punissero adeguatamente. Mi complimento con questa mamma coraggiosa e anticonformista. Anche se molto probabilmente le tocchera' pagare la sua quota di danni, cosi' facendo ha salvato il figlio che si stava mettendo su una brutta strada.";  "grande madre !" ; "complimenti alla mamma del ragazzo, non è facile fare una cosa del genere!".
Mi fermo qui, ma potrei continuare.
Il gesto di questa madre coraggiosa dovrebbe servire a far capire a chi ha la responsabilità di controllare quanto succede in un istituto scolastico che il tempo del buonismo, del lassismo, del  "non sanno quello che fanno", è finito, e che ogni azione, da parte degli allievi, di mancato rispetto delle regole, va punito in modo esemplare.  Le vie esistono: dalle sospensioni di pochi giorni, senza obbligo di frequenza e con cinque in condotta, all'espulsione dalla scuola per l'intero a.s..  Basta seguirle, se si vuole ancora essere considerati degni di rispetto. In tal senso, ritengo di eccezionale importanza la fermezza del DS di una scuola di Treviso, il quale, alla notizia che gli autori dei due raid compiuti da studenti minorenni dell'istituto erano stati arrestati  (e stavano progettando una terza incursione), ha dichiarato "Gliela faremo pagare". Parole che dovrebbero essere scolpite nelle coscienze di quanti rivestono incarichi di responsabilità all'interno di una scuola.  Questo preside va preso come modello, va indicato a tutti i capi d'istituto come esempio da imitare, va premiato.
Un docente  -e un DS-  che abdicano al loro ruolo di educatori, trincerandosi dietro tutta la paccottiglia pedagogica, alle melensaggini buoniste e giustificazioniste, meritano tutta la disistima delle persone oneste, vanno giudicati come codardi e inetti, vanno trasferiti in altra sede.
Sotto, alcuni video sugli atti di vandalismo avvenuti nelle scuole, che dimostrano quanto sia diffuso e micidiale il fenomeno della delinquenza studentesca.































 
















 


 

sabato 5 ottobre 2013

La Somalia ci chiede di aiutarla. Che aspettiamo ?


 Il Presidente Hassan Sheikh Mohamud

di  A.  Lalomia

Il quotidiano  "La Stampa"  qualche giorno fa  ha pubblicato un'intervista al Presidente somalo Hassan Sheikh Mohamud.
È un documento di eccezionale importanza perché, al di là dei motivi contingenti che hanno portato il leader somalo in Italia, conferma ancora una volta il buon lavoro svolto dagli Italiani in passato in Somalia. 
Le parole del Presidente non lasciano spazio ad equivoci:   
"Storicamente l’Italia è la nazione europea che ha colonizzato la Somalia a cavallo fra XVIII e XIX secolo, è questo il motivo dei forti legami fra italiani e somali. Esiste una grande fiducia fra i due popoli. Ricorderete che nella II Guerra Mondiale l’Italia è stata una delle nazioni perdenti e all’epoca la Somalia era occupata dagli inglesi. Nonostante tutto questo, quando l’ONU chiese ai somali chi dovesse prepararli per l’indipendenza, noi abbiamo scelto l’Italia e questa è la prova della fiducia e del legame che c’è fra le due società. Così la Somalia si è preparata ad essere una nazione indipendente e per 10 anni, dal ’50 al ’60, l’ Afis, l’Amministrazione Fiduciaria Italiana della Somalia, è stata la prima organizzazione moderna creata in Somalia appunto dall’Italia. Ancora oggi in Somalia quasi tutte le leggi e gli atti giudiziari su cui si basa il paese nascono da leggi italiane. Alcune di questi sono tuttora redatti in italiano. Anche il settore della sicurezza era stato impostato dagli italiani, perciò ci sono molte somiglianze fra l’apparato di sicurezza somalo e quello italiano. Le leggi amministrative, finanziarie, regolamentari sono simili a quelle italiane, anche se negli ultimi 30 anni queste leggi non sono state aggiornate."  [Corsivo mio.]
Chissà se queste dichiarazioni basteranno per far capire a coloro i quali continuano a sostenere pedissequamente il ritornello che gli Italiani si sono comportati  -in Somalia come nelle altre colonie-  al pari delle iene, che la realtà è ben diversa e che è arrivato il momento di confinare nel retrobottega certe ideologie, che hanno fatto ormai il loro tempo.
Se gli Italiani si fossero veramente comportati come dei pirati, i Somali non avrebbero certo chiesto di aiutarli a organizzarsi come Stato indipendente, una missione che l'AFIS ha svolto con competenza, malgrado le enormi difficoltà in cui operava e gli scarsi mezzi che aveva a disposizione.
E certamente Hassan Sheikh Mohamud non avrebbe finito la sua intervista con queste parole:
"Sono due le cose che voglio dire agli italiani. La prima è che negli ultimi 22 anni molti di voi sono morti in Somalia per appoggiare i somali ed è per questo, che a nome di tutti i somali, vorrei porgere le mie condoglianze a quelle famiglie italiane che hanno perso i loro cari in Somalia, che hanno perso la loro libertà in Somalia, spinti da un unico scopo: aiutarci. Ci spiace molto. L’altro messaggio che vorrei condividere con gli italiani è questo: guardateci, siamo di nuovo qui, dopo 22 anni torniamo in Italia e guardiamo a voi italiani e al vostro governo perché ci appoggi. Nessuno è nella condizione e nella posizione migliore per aiutarci. Questo grazie alla conoscenza, al legame culturale e a quello storico che ci lega. Oggi l’Italia può di nuovo tornare a ricostruire lo stato somalo, così come è stata l’Italia ad aiutarci a crearlo 60 anni fa. C’è una nuova possibilità e vi chiediamo di farlo, per dar modo ai somali di risollevarsi.".   [Corsivo mio.]
Di seguito un filmato relativo all'incontro tra il Presidente della Repubblica Federale Somala con il Premier Letta  (18 settembre 2013).




Nell'incontro Sheikh Mohamud esprime gratitudine ufficiale all'Italia per il supporto che le ha dato e rinnova la richiesta di aiuto e di collaborazione. 
Mi auguro che l'appello non sia destinato a perdersi nel vuoto, perché la Somalia merita non soltanto di essere sostenuta, ma dovrebbe essere considerata un Paese fratello, al quale prestare un'attenzione che va ben oltre le tradizionali forme di cooperazione.
Mi sembra utile presentare altri video, relativi sempre alla recente visita di Sheihk Mohamud ; all'interesse che nel nostro Paese esiste per la lingua somala  (soprattutto nell'Università di Roma Tre) ; all'Amministrazione Fiduciaria della Somalia da parte dell'Italia; ai ricordi degli italiani che hanno vissuto in quello splendido Paese; al ritorno dei parà  (una trentina)  a Mogadiscio vent'anni dopo l'agguato del 2 luglio 1993  ("Check Point Pasta"), con compiti di addestramento delle truppe locali.  Chiudono la serie altri video su importanti incontri del Presidente Sheihk Mohamud, a conferma dell'attenzione e della stima che la comunità internazionale mostra nei suoi confronti.