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giovedì 28 novembre 2013

Sopprimere i disabili ? L'Italia è pronta.


di  A. Lalomia


Il titolo del post è volutamente provocatorio, e chi ha avuto modo di leggere qualche mio testo sull'argomento se ne sarà reso subito conto.
Mi è sembrato comunque opportuno usarlo, dopo la vicenda che ha visto coinvolti nello stesso giorno due disabili, in città lontanissime tra loro, Palermo e Torino, ma nello stesso tempo particolarmente rappresentative della realtà nazionale.
Il 1° novembre, a Palermo, un uomo ha soffocato la sorella disabile da anni, con un sacchetto di plastica in testa, e poi si è lanciato dal sesto piano.  È  stata ritrovata una lettera in cui la sorella chiedeva al fratello di ucciderla.
A Torino, più o meno nelle stesse ore, un padre ha tentato di uccidere il figlio paraplegico e si è poi consegnato alle forze dell'ordine, confessando di non farcela più a vedere il giovane in quello stato. 
Due nuove tasselli di quel mosaico dell'orrore che vede il nostro Paese ai primi posti nelle classifiche mondiali dell'eliminazione dei disabili e dell'emarginazione delle loro famiglie.
Stanchezza, disagio sociale, senso di frustrazione e di impotenza, emarginazione.  Drammi della disperazione. 'Raptus di follia', depressione.
Tutte frasi di circostanza per spiegare, ancora una volta  (l'ennesima)  l'assoluta indifferenza da parte delle istituzioni e dei singoli nei confronti di chi soffre da anni per patologie che non gli consentono una vita normale.  Anziché prendersi cura di loro, le istituzioni, soprattutto, voltano tranquillamente le spalle  (perché, ovviamente, "non ci sono soldi"), mentre i privati, che potrebbero offrire validi sostegni, praticano prezzi da rapina.  In mezzo sta la cosiddetta 'opinione pubblica',  le anime candide, quelli che a parole sono sempre pronti ad aiutare le persone che si trovano in difficoltà, ma che in realtà non fanno un bel nulla  (e anzi, se possono, cercano di stare alla larga da chi soffre e soprattutto da chi si è fatto carico di assistere congiunti e parenti abbandonati da tutti).  O, peggio ancora, si collocano i cosiddetti 'volontari' (se si sfoglia un elenco telefonico, ci si imbatte in centinaia di associazioni di volontariato), anche loro troppo spesso bravi soprattutto nelle chiacchiere e nel chiedere finanziamenti, ma più che altro per organizzare giornate di studio, convegni, tavole rotonde, incontri in cui 'ci si interroga sul fenomeno'  (naturalmente esistono le eccezioni).
D'altronde, i casi che ho riportato all'inizio di questo post sono soltanto gli ultimi due dello sterminio sistematico di cui sono vittime i disabili in Italia.  Se ne potrebbero citare diversi altri. Solo un paio di esempi: il 15 ottobre 2013  una madre ha accoltellato il figlio autistico ed è stata poi fermata.  Qualche mese prima (aprile 2013), in provincia di Messina, un uomo ha ucciso le due sorelle disabili e poi si è tolto la vita. 
Anche in quest'ultimo caso, i soliti ritornelli dei vicini e dei conoscenti degli omicidi: "non avremmo mai immaginato una cosa del genere";  "non riusciamo a crederci";  "se ci avessero chiesto aiuto, saremmo intervenuti subito".  Tutte storielle buone soltanto per mettere in pace la coscienza.  Come se ci volesse una mente superiore per capire lo strazio che prova una persona colpita da patologia invalidante, e la sofferenza che dilania la mente di chi, tra mille sacrifici e infiniti rimpianti per la propria impotenza, dedica la propria vita ad assistere un familiare in quelle condizioni.
Come ha scritto Gianluca Nicoletti, autorevole firma della Stampa  (v. la rubrica  "Obliqua-mente" e curatore di un sito dedicato all'argomento:   "Non possiamo più dire che si tratti di un raptus di follia, un momento di depressione, un insano gesto dettato da chissà cosa. E’ la lucida determinazione di evitare di lasciare sola una delle persone che probabilmente più si ama al mondo e poi farla finita, ma solo perché ci si rende conto che, nella variegata umanità, non c’è un posto possibile per chi porta indosso lo stigma dell’incompletezza.   
Pensare a un proprio caro non autosufficiente e solo di fronte alla spietatezza del prossimo, degli altri parenti, dei vicini di casa, delle istituzioni, di chi potrebbe o dovrebbe occuparsene, senza il nostro costante e attento presidio, è un pensiero insopportabile. "
Parole magnifiche, ma destinate, anch'esse, forse, a perdersi nel vuoto, in uno scenario dominato dall'indifferenza, dall'egoismo, dalle bugie di troppi media, dalla logorrea cialtrona e dalla demagogia dei politicanti di turno, dall'avidità, dalla corruzione.

sabato 9 novembre 2013

Sosteniamo il Museo Storico della Liberazione di Roma.


di  A. Lalomia

Il Museo Storico della Liberazione di Roma è a rischio di chiusura, a causa della mancanza di finanziamenti.
Eppure la somma necessaria per consentirgli di proseguire nel compito che ha svolto finora in modo magnifico è decisamente modesta  (soprattutto se si pensa ai miliardi stanziati per iniziative su cui sarebbe il caso di riflettere): appena 50.000 €.
Già in passato il Museo si è trovato in difficoltà finanziarie, ma è sempre riuscito a superare i momenti difficili grazie alla solidarietà degli studiosi e di quanti, tra la gente comune, sono convinti che rivesta un ruolo fondamentale nel tenere vivo il ricordo sugli orrori della dittatura nazista, e in particolare sul periodo in cui Roma rimase in ostaggio dei tedeschi e di bande fasciste che cercavano di emulare la ferocia dei nazisti  (settembre 1943-giugno 1944). Un pericolo, quello dell'amnesia del passato, che riguarda in modo devastante i giovani, anche romani, i quali spesso ignorano tutto dei momenti terribili che la città ha attraversato in quei nove mesi di occupazione.
Ecco perché è importante che si contribuisca al più presto a sostenere questo prezioso centro di memoria collettiva e di ricerca. 
Per i particolari, cfr. il sito del Museo.