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sabato 15 dicembre 2018

Venti di guerra nel Mediterraneo ?

Cipro al centro di un braccio di ferro tra Stati Uniti e Russia per l'intenzione dei primi primi di allestire una base militare sull'isola.
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Cipro è sempre più al centro delle dispute internazionali e non solo riguardanti lo sfruttamento dei vasti giacimenti di idrocarburi che sono stati individuati nel suo offshore.
Il pomo della discordia stavolta sarebbe una presunta installazione segreta americana nell’isola al centro del Mediterraneo orientale che gli Stati Uniti starebbero per aprire nella già ben nota base inglese di Akrotiri.e il Cremlino lo scorso mercoledì ha fatto sapere in una nota del ministero degli Esteri che un simile scenario comporterà una dura risposta da parte di Mosca, forse le condizioni che si verifichi una simile eventualità sono tutt’altro che improbabili. 

giovedì 13 dicembre 2018

Sopravviverà la scuola italiana a certe decisioni ?


Apprezzabile presa di posizione di Giorgio Ragazzini su una scelta ministeriale alquanto discutibile, visti i livelli di preparazione dei nostri diplomati.

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Si annuncia una circolare del ministro Bussetti per “sensibilizzare il corpo docente e le scuole ad un momento di riposo degli studenti e delle famiglie affinché vengano diminuiti i compiti durante le vacanze natalizie”. L’italiano non è ineccepibile e il messaggio a genitori e studenti non è certo nuovo: “Sono dalla vostra parte”. Ma perché si parla di “diminuire” i compiti dando per scontato che sarebbero troppi? In base a quali dati il ministro Bussetti (come diversi suoi predecessori) teme che tanti bambini e ragazzi, per colpa dei troppi compiti, debbano sacrificare i «piaceri della vita familiare e degli amici» e rinunciare a “fare movimento, dedicarsi ai propri hobby e andare a vedere delle mostre”?
Naturalmente in questi casi i giornali tornano a sentire il nemico giurato dei compiti a casa, quel preside Parodi che li vorrebbe abolire totalmente, perché “suscitano odio e repulsione per la cultura”, e che ha “già” raccolto quasi 32 mila adesioni: in 4 anni e un mese, su una platea di milioni di genitori e di studenti (rarissimi i docenti). Del resto un sondaggio da noi commissionato un anno fa all’istituto demoscopico “Eumetra” abbia detto una parola chiarissima in proposito: solo 22 italiani su cento sostengono che “sono inutili, meglio abolirli”, mentre il 75%  pensa, con  molto buon senso, che “sono utili, se non sono troppi”. Lo stesso buon senso che fa auspicare una scuola “più esigente”: nel valutare  sia la preparazione (59%), che il comportamento (67%); e il 68% giudica sbagliata l’abolizione del voto di condotta. Sono dati di cui l’attuale ministro dovrebbe far tesoro, senza preoccuparsi oltre di quella minoranza di genitori che sanno sempre meglio degli insegnanti cosa è utile ai figli e cosa no, e che in certi casi sono pronti a spiegarglielo a suon di botte.

L'Istituto Lombardo di Storia Contemporanea (ILSC)


ILSC – Istituto Lombardo di Storia Contemporanea viene fondato nel 1974 e fa parte della rete degli Istituti INSMLI. L’obiettivo principale dell’ Istituto è promuovere la ricerca storica sulla Lombardia contemporanea”, inserendosi sempre nel contesto attuale, muovendosi nell’ambito della Public History.

Riviste: 
L’Istituto Lombardo di Storia Contemporanea ha all’attivo due riviste: Storia in Lombardia, che tratta delle vicende storiche della Lombardia Contemporanea, e PreText, una rivista sulla storia dell’editoria e del giornalismo.
L’ILSC organizza diverse attività tra mostre, seminari, convegni e giornate di studio. Di seguito riportiamo l’elenco degli eventi partendo dai più recenti:
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Istituto Lombardo Storia Contemporanea – ILSC, "Bibliostoria, !3-12-18.


mercoledì 12 dicembre 2018

Banche centrali. Flagello dell'umanità ?

Stephen Mitford Goodson, Storia delle Banche Centrali e dell’asservimento del genere umano, traduzione di Isabella PellegriniGingko Editore, Verona 2018, pp. 282, 15,00 €.  

Recensione di Tim Sunic. 


Nella coscienza popolare europea, il denaro viene tradizionalmente associato a qualcosa di sporco, di criminale, qualcosa di non degno dell’uomo europeo, qualcosa che, si dice, solo gli stranieri e gli alieni lontani possono assaporare e concretizzare ai massimi livelli. Dall’antichità alla post-modernità sono stati scritti innumerevoli libri sullo sporco denaro e l’oro maledetto. Si pensi all’antico re greco Creso, all’oro maledetto di Mida, o alla strage di massa nella saga medievale dei Nibelunghi, la cui storia ruota attorno all’oro nascosto nel Reno e alla sofferenza da esso causata.

Come Stephen Goodson ci ricorda nel suo libro, né l’ossessione per il denaro astratto, né la pratica dell’usura o l’idea dell’oro hanno perso molta della loro connotazione letale. Anzi, tante delle moderne transazioni commerciali e delle pratiche finanziarie illecite, mosse proprio dall’avidità per l’oro, sono diventate ancora più letali, minacciando questa volta non solo la sopravvivenza della civiltà occidentale, ma l’intera umanità.
Anzitutto bisogna chiarire che Goodson non è un adepto di teorie cospiratorie e neanche un autore contro gli ebrei la cui prosa fa spesso più male che bene a un lettore che voglia far luce sul tema del denaro fittizio e sui suoi artefici, che invece tanto fittizi non sono. A tal proposito, Goodson vanta ottime referenze sull’argomento da lui analizzato nel libro; è stato membro del Consiglio di Amministrazione della SARB (South African Reserve Bank) e vanta una lunga esperienza nel settore bancario o, per dirla meno moralisticamente, era un diretto osservatore del business dell’insider trading. Com’è possibile che nel nostro cosiddetto migliore dei mondi democratici, un mondo che vanta trasparenza e un sistema giudiziario indipendente, la maggioranza dei cittadini non abbia la benché minima idea di chi sono gli azionisti delle principali banche centrali, come la Federal Reserve negli Stati Uniti e molte altre banche sparse per il mondo? Goodson dimostra come in realtà la celebre Federal Reserve non abbia niente a che fare con i beni dello stato o con il significato di democrazia negli Stati Uniti, ma rappresenti invece una società anonima, un’associazione a delinquere di potenti motori e agitatori finanziari. Non è certo un caso se dallo scoppio della cosiddetta bolla immobiliare degli Stati Uniti, nel 2008, nessuno dei principali banchieri, che sia della Goldman Sachs o della JP Morgan, è stato chiamato in causa per aver stampato denaro falso o concesso prestiti surreali. Come per dire, una mano lava l’altra.
Nel libro di Goodson traspare una profonda conoscenza della situazione socio-politica dell’antica Roma, dell’Inghilterra di Cromwell e della Germania di Weimar. Pertanto, quest’opera non può essere considerata l’ennesimo noioso tassello nel mosaico della ridicola letteratura cospiratoria e antisemita, come invece succede spesso con i testi di molti estremisti di destra. È proprio la narrazione imparziale di Goodson, ben inserita nei diversi contesti storici, a rendere il libro non solo un saggio informativo e colto, ma anche una lettura piacevole per un principiante desideroso si saperne di più sul mistero che ruota attorno al denaro.

Wladimir Putin rende omaggio ad Aleksandr Solženicyn


di Riccardo Arbusti.

ll presidente russo VLADIMIR PUTIN ha inaugurato oggi a Mosca una statua di Alexander Solgenitsin nel giorno in cui ricorre il centenario della sua nascita, parlando dello scrittore, Premio Nobel per la letteratura nel 1970, e dissidente morto a Mosca nel 2008, come di un “vero patriota”.
Anche in esilio (dopo l’espulsione dall’Urss nel 1974, lo scrittore si stabilì nel Vermont fino al 1994, quando fece ritorno in Russia, senza tuttavia mai integrarsi nella vita americana), Solgenitsin “non consentiva a nessuno di parlare male o con sufficienza della sua madrepatria”. “Si ergeva contro qualsiasi forma di russofobia”, ha sottolineato Putin, in un riferimento al termine che viene ora usato di frequente nella narrativa politica contemporanea russa per liquidare le posizioni dell’Occidente.


La grandezza di Aleksandr Solženicyn a cento anni dalla nascita


«Il silenzio è il linguaggio di tutte le forti passioni, dell’amore (anche nei momenti dolci) dell’ira, della meraviglia, del timore»: così ha scritto nel suo Zibaldone Giacomo Leopardi, dimenticando, forse volontariamente, che il silenzio è anche il linguaggio dell’imbarazzo, come del resto appare fortemente imbarazzato il silenzio del mondo culturale occidentale che tra lo scorso 3 agosto e l’11 dicembre prossimo avrebbe dovuto ricordare i dieci anni della morte e i cento anni della nascita, rispettivamente, di uno dei pilastri della civiltà occidentale quale è stato Aleksandr Solženicyn.

L’OPPIO DEL SOCIALISMO

Solženicyn, infatti, tanto più andrebbe ricordato e commemorato quanto più ci si professa amanti della democrazia e della libertà, specialmente in un’epoca, come quella attuale, in cui le parole “democrazia” e “libertà” sono così usate e abusate da inflazionarsi a tal punto da perdere tutto il loro intenso e reale peso specifico morale e umano.
Probabilmente, proprio per questo motivo, l’intellighenzia del mondo occidentale odierno tace su un evento così importante, poiché ha contribuito in questi ultimi anni ad erodere i significati autentici di democrazia e di libertà così, invece, genuinamente incarnati dalla vita, dalle opere e dal pensiero di Aleksandr Solženicyn di cui furono traditi lo spirito e l’insegnamento proprio per mano dei suoi colleghi scrittori, letterati e intellettuali occidentali obnubilati dall’oppio del socialismo (per parafrasare la felicissima formula di Raymond Aron). 


lunedì 10 dicembre 2018

I ricordi della figlia illuminano la figura di Ezra Pound.



Una colluttazione tra la luce e l’ombra. Un viaggio negli abissi del Novecento con la torcia accesa della poesia. Un metodico lavoro artigianale per liberare il nome di Ezra Pound dalle incrostazioni e restituirlo al canone letterario. Una visita al cantiere – sorprendentemente ancora aperto – dei Cantos, il poema di una vita, importante per il Nord America quanto la Commedia di Dante per la civiltà italiana. Si trova tutto questo nelle pagine di Ho cercato di scrivere Paradiso. Ezra Pound nelle parole della figlia: conversazioni con Mary de Rachelwiltz (Mondadori, pp. 264), con cui il poeta Alessandro Rivali corona dieci anni di esplorazioni alla ricerca della “ghianda di luce” che tanto ossessionava il poeta americano. Non un libro su Pound, o meglio, anche un libro su Pound (come la famosa intervista di Truffaut a Hitchcock non è tanto un libro su Hitchcock quanto un libro sui segreti del cinema): è soprattutto un viaggio nei luoghi della poesia in cui la figura dello scrittore, pagina dopo pagina sempre più nitida e familiare, è come un Virgilio dantesco; non perde cioè la sua monumentalità ma è presente soprattutto per fare da guida, per indicare orizzonti al di là della coltre fitta della Storia.


D’altra parte, ogni poeta non è tale se non è anche mentore, se non genera. In questo viaggio Alessandro Rivali è Dante. Mary de Rachelwiltz, anch’ella in primis poetessa, forse è Beatrice: figlia di Ezra Pound e sua “tesoriera”, cioè curatrice del prezioso archivio poundiano di Brunnenburg (il castello tirolese teatro delle “conversazioni”, sede dell’Ezra Pound Center for Literature) e custode di un’eredità che è pienamente umana: intellettuale, letteraria e affettiva insieme. Pronta quindi Mary, di quell’eredità, a rivelare la luce («sebbene – scrive Rivali – la poesia sia anche il buio dentro al tunnel»).

giovedì 6 dicembre 2018

Riflettori puntati su Hans Ulrich Rudel, mitico asso dell'aviazione tedesca



Hans Ulrich Rudel, Pilota di Stuka, Gingko Editore, Verona 2018, pp. 364, 16,00 €. Prefazione  (finora inedita per l'Italia)  del famoso pilota britannico Douglas Bader (1910-82). Di seguito, stralci del testo di Bader, tradotto da Angelo Paratico:

[...] Alla fine di questa guerra alcuni di noi hanno avuto l'opportunità d’incontrare vari famosi piloti dell'aeronautica militare tedesca, che fino ad allora erano stati, appunto, solo dei nomi per noi. [...]  Essendo stato prigioniero in Germania per la gran parte della guerra, avevo sentito parlare di Hans Ulrich Rudel. Le sue gesta sul fronte orientale con il suo bombardiere in picchiata sono state di tanto in tanto pubblicizzate dalla stampa tedesca. Fu quindi con grande interesse che gli parlai quando arrivò nel giugno 1945.[...]  Essendo stato prigioniero in Germania per la gran parte della guerra, avevo sentito parlare di Hans Ulrich Rudel. Le sue gesta sul fronte orientale con il suo bombardiere in picchiata sono state di tanto in tanto pubblicizzate dalla stampa tedesca. Fu quindi con grande interesse che gli parlai quando arrivò nel giugno 1945. [...] Credo che noi tutti leggiamo con maggiore interesse un'autobiografia scritta da una persona che abbiamo incontrato, anche solo per poco tempo, rispetto a quella scritta da uno sconosciuto. Questo libro di Rudel è un resoconto di prima mano della sua vita nelle forze aeree tedesche per tutta la guerra, soprattutto a est. Non sono d'accordo con alcune delle conclusioni che egli trae, né con alcune delle sue riflessioni. Dopo tutto, io mi trovavo dall'altra parte. [...] Sono felice di aver potuto scrivere questa breve prefazione al libro di Rudel, dal momento che anche se l'ho incontrato solo per un paio di giorni, egli è, a tutti gli effetti, un gentiluomo e gli auguro buona fortuna. - Colonnello Douglas Bader, D.S.O., D.F.C.  


La Guerra Fredda in un romanzo di Flavio Babini


Ragazzi e adulti degli anni Ottanta, ma quanto eravate distratti: vi svegliavate la mattina e vi rallegravate della luce del giorno, vi godevate la bella stagione e le belle compagnie, la sera la birra con gli amici e in auto il rock di Bruce Springsteen, oppure al cinema con la ragazza a emozionarvi per le immagini e i dialoghi di Blade Runner. E non immaginavate che ogni mattina e ogni notte alcuni milioni di uomini in armi sparsi sul continente europeo dalla Norvegia alla Turchia e separati da un confine invisibile sull’acqua e nell’aria, ma visibilissimo nei reticolati e nei campi minati che attraversavano migliaia di km di territorio, tenevano il dito sul grilletto delle loro armi personali, o sul pulsante del missile del loro aereo da combattimento, o sulla leva di accensione di migliaia di carri armati, aerei, sommergibili pronti a scatenare una guerra lampo che solo con una bella dose di fortuna non sarebbe diventata atomica.

La Nazionale di calcio vinceva il suo terzo mondiale dopo 44 anni di astinenza e nella Juventus giocavano Boniek e Platini; l’Italia cominciava a uscire dal tunnel del terrorismo brigatista e l’astro di Bettino Craxi già brillava intenso; Ronald Reagan cambiava la faccia dell’America all’interno e all’esterno e Giovanni Paolo II trasmetteva energia a tutta la Chiesa con viaggi apostolici che toccavano tutti i paesi del mondo. Ma sopra a tutto ciò pendeva come una spada di Damocle la Guerra fredda, detta così perché le forze armate di Nato e Patto di Varsavia si affrontavano in perfetto assetto di combattimento ma senza sparare un colpo.

mercoledì 31 ottobre 2018

In Irlanda del Nord la tensione rimane alta.



Ogni anno in Irlanda del Nord repubblicani irlandesi e unionisti britannici costruiscono grandi pire per celebrare la loro cultura. Le pire sono costruite con legna di scarto e pallet rubati e talvolta raggiungono i 9 metri di altezza. Sono illegali, instabili e spesso mettono in scena l’odio profondo radicato da entrambe le staccionate di questo divario culturale.  
Sia i repubblicani che gli unionisti bruciano le bandiere avversarie in segno di protesta contro l’attuale suddivisione dell’Irlanda. Ma non solo: vengono dati alle fiamme anche i nomi dei combattenti caduti durante il conflitto che ha afflitto il Paese per decenni e che viene ormai definito come “i Troubles”.
Io e il collega Conall Kearney siamo andati a conoscere alcuni ragazzi che costruiscono le pire nel quartiere di Bogside, a Derry. Bogside, una roccaforte dei repubblicani irlandesi, è stato teatro del Bloody Sunday nel 1972, quando le truppe britanniche spararono a 28 manifestanti disarmati nelle strade. Furono uccise quattordici persone. Da allora, l’Ira ha avuto molta presa sul quartiere di Bogside.


sabato 21 luglio 2018

Sopravviverà l'Unione Europea a certi comportamenti ?


Il Presidente della Commessione Europea, Jane-Claude Juncker, al vertice NATO.

L'immagine di un'Europa in disfacimento ?
















giovedì 8 febbraio 2018

Jim Carrey dice addio a Facebook e invita gli altri a seguirlo.

L’attore e comico Jim Carrey ha chiuso la sua pagina Facebook, che era seguita da più di 5 milioni di persone, e ha detto di aver venduto tutte le azioni di Facebook che aveva comprato (non si sa quante fossero). Carrey ha scritto su Twitter di averlo fatto perché prima delle elezioni presidenziali statunitensi del 2016 Facebook «fece soldi grazie alle ingerenze russe» e «continua a non fare niente per fermare la cosa». Carrey ha poi scritto: «Invito tutti gli altri investitori che tengono al nostro futuro a fare come me». Il tweet di Carrey finisce con l’hashtag #unfriendfacebook ed è accompagnato da un suo disegno di Mark Zuckerberg, fondatore e CEO di Facebook, e dal simbolo del “dislike” (col pollice all’ingiù anziché all’insù). Carrey ha detto a SiliconBeat, il blog tecnologico del Mercury News, che «il mondo ha bisogno di un capitalismo con una coscienza».

È stato confermato che, prima delle elezioni del 2016, almeno 126 milioni di utenti di Facebook negli Stati Uniti videro post e altri contenuti creati da account riconducibili al governo russo. Ma a fine 2017 anche Twitter – il social network usato da Carrey – disse di aver identificato circa 200 profili legati alle stesse organizzazioni russe che acquistarono annunci pubblicitari su Facebook con l’obiettivo di condizionare la campagna elettorale del 2016.

Jim Carrey se ne è andato da Facebook e dice che dovremmo farlo anche noi, "Il Post", 8-02-18.

lunedì 5 febbraio 2018

Facebook va a gonfie vele, ma il pubblico lo usa sempre di meno.


Facebook continua a produrre grandi ricavi, anche se il tempo trascorso dagli utenti sul social network è diminuito sensibilmente. Nell’ultimo trimestre la società ha registrato 12,97 miliardi di dollari di ricavi, al di sopra delle previsioni degli analisti che avevano stimato 12,54 miliardi di dollari. La crescita dei ricavi è stata del 47 per cento rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente. In media, un utente rende a Facebook circa 9,72 dollari al giorno. Gli utili netti nell’ultimo trimestre sono stati pari a 4,3 miliardi di dollari, un aumento del 20 per cento su base annua.
Facebook conta 2,13 miliardi di iscritti che utilizzano almeno una volta al mese il suo social network, mentre le persone che si collegano almeno una volta al giorno sono 1,40 miliardi. Il tempo che trascorrono su Facebook è però diminuito negli ultimi mesi. Il CEO della società ha spiegato che nel complesso ogni giorno gli utenti trascorrono 50 milioni di ore in meno su Facebook, un cambiamento dovuto soprattutto alle modifiche effettuate alla sezione Notizie (“News Feed”), quella principale dove si vedono i post dei propri amici e delle Pagine. I dati trimestrali fanno riferimento al periodo prima dell’introduzione di ulteriori modifiche delle ultime settimane, tese a rendere meno frequenti e visibili i post delle Pagine, quindi nei prossimi mesi ci potrebbe essere un’ulteriore riduzione del tempo trascorso giornalmente sul social network da ogni utente.

sabato 3 febbraio 2018

Registro elettronico a scuola. Un flop ?

I docenti usano i loro strumenti per compilare il registro elettronico, strumento che non ha migliorato quasi per niente il rapporto con genitori e alunni e in molte scuole ancora viene affiancato al registro cartaceo. Inoltre, nella maggioranza dei casi, il registro elettronico è stato approvato dagli organi collegiali. Stiamo parlando della sintesi dei dati riferiti alla rilevazione proposta da La Tecnica della Scuola ai propri lettori sul registro elettronico. Complessivamente, hanno risposto al questionario quasi 1500 lettori.


Vediamo nello specifico cosa hanno risposto i docenti ai quattro quesiti.

Alunni e genitori sempre più lontani dai docenti

Per quanto riguarda il primo quesito, il risultato è piuttosto netto e incontrovertibile: per l’81,5% dei docenti il registro elettronico non ha portato alcun miglioramento nel rapporto con alunni e genitori, contro un modesto 18,5%. Questo dato, purtroppo, rileva come lo strumento che avrebbe dovuto avvicinare la scuola e le famiglie in realtà non ha funzionato per niente. Probabilmente, fra le varie motivazioni, si possono collegare le altre problematiche presenti nel questionario, ma bisogna riflettere sul fatto che per i docenti lo strumento al momento è insoddisfacente da questo punto di vista.

Saggia decisione del Consiglio di Stato sui corsi universitari svolti soltanto in lingua inglese.

No ai corsi universitari svolti soltanto in lingua inglese, senza italiano: è questa la decisione giuridica che archivia un contrasto tra il Politecnico di Milano e un nutrito gruppo di professori contrari alla riforma deliberata nel 2012, pensata per favorire gli studenti stranieri e quelli italiani nell'apprendimento dell'inglese, ma finita per essere esclusiva al contrario.                                                                                               -----------------------------------------------------------
No ai corsi universitari svolti soltanto in lingua inglese: la decisione del Consiglio di Stato, che ha confermato una precedente pronuncia del Tar della Lombardia, pone termine ad una diatriba durata circa 6 anni tra il Politecnico di Milano e un gruppo nutrito di professori contrari alla riforma deliberata nel 2012. La materia del contendere non era tanto che venisse utilizzata una lingua straniera (sempre l’inglese) per lo svolgimento di corsi di laurea magistrale e di dottorato, quanto che ciò avvenisse in modo esclusivo, con una totale estromissione dell’italiano nello studio delle materie insegnate.
La pronuncia è riferita solo a questa vicenda, ma ha un significato più generale per le argomentazioni svolte, tutte in linea con altra decisione analoga della Corte Costituzionale nel 2017 sempre sulla stessa materia.

Il rapporto tra lingua nazionale e straniera, la tutela dell’identità della nazione rispetto ai processi di internazionalizzazione sociale e culturale, la connessione tra strumento linguistico e materie insegnate: sono questi i temi principali affrontati nelle decisioni, ispirate ad una interpretazione delle norme in conformità dei principi costituzionali su cui è fondata la Repubblica.

mercoledì 31 gennaio 2018

I "Big Five" dell'editoria mondiale.


Qualche giorno fa il sito britannico di notizie sull’editoria The Bookseller ha pubblicato alcuni dati sul mercato dei libri nel Regno Unito secondo cui nel 2017 la quota di mercato complessiva dei quattro più grandi gruppi editoriali attivi nel paese – i cosiddetti “Big Four” – era diminuita. È passata dal 47,8 per cento del 2016 al 46,8 per cento del 2017, arrivando a valere circa 744,8 milioni di sterline (cioè più di 851 milioni di euro).
Anche se questi dati riguardano solo il Regno Unito, sono importanti per il mondo dei libri in generale, sia perché il mercato dell’editoria in lingua inglese è il più grande di tutti, sia perché non si può escludere che in futuro grandi gruppi editoriali stranieri investano di più in Italia, dove l’intera editoria (escludendo scolastica e testi tecnici) nel 2017 ha fatturato 1,485 miliardi di euro. Per questo abbiamo messo insieme una guida per saperne un po’ di più sul loro conto.

I tracker per lo sport mettono a rischio la segretezza delle basi militari ?


L'aeroporto militare statunitense nei pressi della città di Bagram,
a sudest di Charikar nel Parvan, in Afghanistan (Strava.com)
 
Un sito molto popolare utilizzato per condividere online i dati sulla propria attività fisica rivela, con un alto livello di dettaglio, la posizione e gli spostamenti di migliaia di soldati impegnati in alcune delle più pericolose zone di guerra del mondo, e potrebbe mettere a rischio la loro sicurezza. Strava.com dà la possibilità ai suoi iscritti di condividere i dati sulle corse (a piedi o in bicicletta) raccolti dai loro dispositivi per lo sport: tracker che di solito comprendono un rilevatore GPS per ricostruire il percorso seguito durante ogni sessione. I dati raccolti dal sito vengono poi inseriti in forma anonima su una mappa, dove sono “illuminati” e resi evidenti i percorsi più seguiti. Nelle grandi città la mappa è un groviglio di strade in evidenza, mentre in zone desertiche come quelle del Medio Oriente è quasi completamente scura, fatta eccezione per le aree intorno alle basi militari dove sono attivi dei soldati, per lo più statunitensi.
                                     La “Global Heat Map” di Strava

lunedì 29 gennaio 2018

Omaggio a Ingvar Kamprad, fondatore di IKEA.


“Se pratico il lusso, non posso predicare il risparmio. È una questione di buona leadership”. Un imperativo categorico che aveva la consistenza di un biglietto da visita. Su di esso c’era il nome di un uomo battezzato Ingvar Kamprad, cresciuto nella fattoria Elmtaryd, all’interno del villaggio di Agunard, in Svezia. Mettete insieme le iniziali dei quattro nomi ed ecco venir fuori la sua creatura: IKEA.

Per il magazine Veckans Affarer era l’uomo più ricco del mondo. Forbes lo aveva piazzato al quarto posto. Tuttavia la primavera del 2005, con la perdita di valuta del dollaro americano, consegnò a Kamprad la testa indiscussa della classifica dei plurimiliardari planetari stimando la sua fortuna intorno ai ventotto miliardi di dollari americani (anche se per il provider tedesco T-Online i miliardi erano cinquantatré).
In ogni caso il suo vero record fu quello di miliardario più frugale. Era lui, infatti, l’uomo che meglio impersonava il concetto di low cost style con un rigore e una coerenza da far spavento. Negli spostamenti: volava in economy (“perché buttare i soldi in business, per un bicchiere di champagne?”),  disdegnava grandi hotel e le automobili di lusso (aveva una Volvo vecchia di quindici anni ma andava in ufficio in metropolitana); nel mangiare (faceva la spesa quando il mercato sotto casa era in chiusura, evitava i ristoranti noti e pranzava spesso al self service del suo magazzino) o nei consumi: nel 2008 si lamentò per aver pagato ventidue euro un taglio di capelli nei Paesi Bassi, da quel momento ci pensò la moglie o se li faceva tagliare quando si trovava in paesi in via di sviluppo, come il Vietnam. E poi niente sprechi (ai dipendenti raccomandava di scrivere su entrambi i lati di ciascun foglio di carta, prima di buttarlo via); niente negozi (non indossava nulla che non fosse stato acquistato nei mercatini); niente extra (quando dal frigo bar di una camera d’albergo prendeva una bevanda, la rimpiazzava immediatamente con una comprata al supermercato).
Qualcuno diceva fosse tirchio, altri insinuavano che questo atteggiamento fosse parte integrante di una strategia di comunicazione. Lui diceva semplicemente: “Voglio dare il buon esempio”. In ogni caso la sua parsimonia entrò presto nella leggenda.

sabato 27 gennaio 2018

Come faremo a comunicare con i futuri abitanti della Terra ?




Negli anni, il problema di gestire le scorie nucleari, tenendole isolate in luoghi dove non possono nuocere alle persone, ha obbligato gli scienziati a interrogarsi su un’altra questione, collegata alla prima: visto che i materiali radioattivi continuano a essere pericolosi per migliaia di anni, dovremmo avvertire gli esseri umani del futuro remoto di non avvicinarsi troppo.
Come possiamo farlo tenendo conto che nessun linguaggio scritto e nessuna lingua della storia è mai durata per così tanto tempo?

Non si può escludere che fra centomila anni l’umanità potrebbe essersi estinta, oppure aver subito una forte involuzione tecnologica ed essere tornata all’età del bronzo. Per questo né gli alfabeti né le lingue attuali vanno bene e nemmeno i simboli che comunemente associamo al concetto di pericolo, visto che nel tempo potrebbero cambiare significato. In un video Vox ha riassunto le riflessioni fatte dagli scienziati su questo tema dagli anni Sessanta a oggi. Una delle idee per risolvere il problema, pensata dai filosofi François Bastide e Paolo Fabbri nel 1984, era basata sull’uso di gatti modificati geneticamente per illuminarsi in presenza di oggetti radioattivi.

Il problema di comunicare con chi ci sarà tra centomila anni, "Il Post", 26-01-18. 

giovedì 25 gennaio 2018

I progetti ambiziosi di Elon Musk per il futuro.


Tesla ha annunciato il nuovo piano di retribuzione per il suo CEO, Elon Musk, e prevede obiettivi estremamente ambiziosi. Musk sarà pagato solo se Tesla – il più importante e promettente produttore di auto elettriche negli Stati Uniti – raggiungerà un valore di mercato enorme, che nello scenario più ottimistico prevede i 650 miliardi di dollari nel prossimo decennio. Se non ci riuscirà, Musk non riceverà nemmeno un centesimo dall’azienda che ha contribuito a fondare e a portare agli attuali successi.
L’annuncio di Tesla è stato diffuso martedì 23 gennaio, con un’anticipazione sul New York Times, e mette fine a mesi di ipotesi sul futuro di Musk al suo interno. Tempo fa Musk disse di voler rimanere a capo dell’azienda fino alla messa in vendita della Model 3, la prima auto elettrica prodotta da Tesla pensata per il mercato di massa e della quale è iniziata da poco la produzione su larga scala, seppure con ritardi e imprevisti che stanno allungando i tempi di consegna. Nel 2014 Musk cambiò versione, dicendo di essere interessato a rimanere più a lungo a seconda dell’andamento delle vendite e dell’azienda in generale. Con l’uscita della Model 3 molti analisti erano tornati a chiedersi che cosa volesse fare il CEO di Tesla, e infine hanno avuto una risposta.

mercoledì 24 gennaio 2018

Festa grande per i lettori della casa editrice Adelphi.


Dal 16 gennaio al 15 febbraio i libri della casa editrice Adelphi sono scontati del 25 per cento, sul sito, nelle librerie e sui rivenditori online. Lo sconto è previsto dalla legge Levi sui libri del 2011, che stabilisce che non possa superare il 25 per cento del prezzo di copertina, e che consente a ogni editore di protrarlo non più di un mese l’anno e mai a dicembre (quello in cui si vendono più libri per i regali delle feste). È quindi una buona occasione per comprare qualche grande classico o qualche nuova chicca di Adelphi, uno degli editori italiani più raffinati nei contenuti ed eleganti nella grafica.

lunedì 22 gennaio 2018

I mini-droni protagonisti delle guerre future.


Oltre due milioni di visualizzazioni in poche settimane, considerando solamente il canale YouTube. Sono questi i numeri ottenuti da Slaughterbots, il cortometraggio prodotto e distribuito da Future of Life, un’organizzazione sostenuta anche da Elon Musk e Stephen Hawking.
La scena shock arriva dopo 5 minuti dall’inizio colpendo dritto al cuore l’immaginazione di chi, fino a quel punto, credeva solo di assistere a un’affascinante presentazione commerciale di un CEO della Silicon Valley. Dal bagagliaio di un van esce uno sciame di mini droni, grandi quanto il palmo di una mano.

Con chi ti saresti alleato durante la seconda guerra mondiale ?


Col senno di poi è facile giudicare le azioni e le scelte delle persone che hanno vissuto in altri periodi storici, ma mettersi davvero nei loro panni non è semplice perché non avremmo mai potuto essere noi stessi, quelli che siamo oggi, con le idee che abbiamo oggi, se fossimo nati cinquanta, cento o cinquecento anni fa, dato che il contesto storico influenza necessariamente la personalità delle persone. Con questa consapevolezza Pierre Bayard, professore di letteratura francese all’Università di Parigi VIII e psicoanalista, ha fatto una specie di esperimento mentale per provare a capire come si sarebbe comportato se fosse stato un giovane uomo durante la Seconda guerra mondiale, da che parte sarebbe stato e come avrebbe agito. L’esperimento è un saggio, intitolato Sarei stato carnefice o ribelle? e da poco pubblicato in Italia da Sellerio, tradotto da Andrea Inzerillo.

Come prima cosa Bayard – che ha 64 anni – ha costruito la personalità di un proprio “personaggio delegato”: non un suo doppio ma qualcuno con «caratteristiche intellettuali, sociali e psicologiche» simili alle sue, per poi metterlo nel contesto delle Francia durante la Seconda guerra mondiale e immaginare la sua vita in quella situazione. Per costruire questo personaggio Bayard si è basato su tre cose: su alcuni principi psicologici sui comportamenti collettivi e individuali in periodi di crisi; sui comportamenti avuti da lui stesso nel corso della sua vita in momenti drammatici; sulla storia dei suoi familiari vivi all’epoca e in particolare di suo padre, con cui condivideva molte caratteristiche intellettuali.
Per il suo personaggio Bayard ha scelto la stessa data di nascita di suo padre, nel gennaio del 1922. Una volta definite le caratteristiche di questo personaggio e il suo “punto di partenza” nel 1939, anno di inizio della guerra mondiale, Bayard immagina passo dopo passo le sue scelte e le sue azioni basandosi su varie testimonianze dell’epoca, oltre che sul proprio carattere e su riflessioni psicologiche.
Pubblichiamo di seguito un capitolo della seconda parte del libro, che fa capire il metodo che Bayard ha usato per immaginare il suo personaggio delegato: in questo caso si è basato sull’autobiografia di un combattente della Resistenza che aveva 19 anni nel 1940 per capire che tipo di reazioni avrebbe avuto all’armistizio tra Francia e Germania firmato il 22 giugno di quell’anno.
                                                                          

sabato 20 gennaio 2018

La Svezia si prepara alla guerra ?


La Svezia ha annunciato che nel 2018 distribuirà a 4,7 milioni di famiglie svedesi degli opuscoli contenenti istruzioni su cosa fare in caso di guerra. Gli opuscoli, che secondo il quotidiano locale Aftonbladet verranno consegnati tra maggio e giugno, spiegheranno come prendere parte alla “difesa totale” in caso di conflitto e come garantirsi continuo accesso ad acqua, cibo e riscaldamento. La decisione di stamparli e distribuirli, ha detto il governo svedese, è stata presa a causa delle crescenti minacce alla sicurezza nazionale emerse negli ultimi anni, soprattutto alla sempre maggiore aggressività della Russia fuori dai suoi confini.

domenica 14 gennaio 2018

Il sonno come antidoto contro l'ansia e la depressione.


Dormire otto ore per notte fa bene alla salute e non solo a quella del corpo. Uno studio appena pubblicato sul "Journal of Behavior Therapy and Experimental Psychiatry" da Meredith Coles e Jacob Nota, della Binghamton University, nello stato di New York, dimostra infatti che un sonno inferiore alle otto ore raccomandate dai medici è correlato a una maggiore difficoltà a evitare pensieri negativi e intrusivi.

I ricercatori hanno registrato i cicli e la durata complessiva del sonno in un gruppo di soggetti con un alto livello di pensieri negativi ripetitivi, che sono la manifestazione di quella che gli psicologi definiscono "ruminazione ansiosa". Ai soggetti sono state poi presentate alcune immagini in grado di scatenare una risposta emotiva, mentre un sistema automatico tracciava i loro movimenti oculari.



Coles e Nota hanno così scoperto che la mancanza di sonno o la sua cattiva qualità erano associate a una notevole difficoltà del soggetto a distogliere l’attenzione dalle informazioni negative contenute nelle immagini. Una possibile interpretazione di questa correlazione è che un sonno inadeguato contribuisca a rendere il soggetto più esposto alla ruminazione ansiosa e alla fissazione su preoccupazioni e pensieri negativi.

"Le persone coinvolte nello studio hanno mostrato alcune tendenze ad avere pensieri negativi ossessivi, e l'elevato livello di questi pensieri negativi rende loro difficile distogliere l'attenzione dagli stimoli negativi a cui li abbiamo esposti", ha spiegato Coles. "Mentre in condizioni normali le persone sono in grado di ricevere informazioni negative e andare avanti, i partecipanti allo studio hanno dimostrato di avere notevoli dei problemi a ignorarle".

Il dato emerso è di notevole importanza, 


poiché si ritiene che i pensieri negativi ossessivi siano una componente importante in diversi tipi di disturbi psicologici.


"Col tempo ci siamo convinti che l'aspetto della mancanza di sonno abbia un ruolo fondamentale: i pensieri negativi e ripetitivi sono rilevanti per esempio nell’ansia e nella depressione”, ha aggiunto Coles. “Il nostro studio è innovativo poiché indaga per la prima volta la connessione tra la deprivazione di sonno e i meccanismi neuropsicologici che ci consentono di ignorare i pensieri negativi”.

Si tratta in ogni caso di risultati preliminari. Gli autori ritengono infatti che occorreranno ulteriori studi per indagare a fondo la questione e per verificare in particolare se la mancanza di sonno è correlata solo all’insorgere di ansia e depressione oppure se contribuisce a mantere un disturbo già in atto. Se la teoria di Coles e colleghi fosse corretta, lo studio potrebbe aprire la strada a trattamenti psicologici che comprendano anche cicli di sonno più salutari


Le fissazioni ansiose di chi dorme poco o male, "Le Scienze", 9-01-18.