Apprezzabile presa di posizione di Giorgio Ragazzini su una scelta ministeriale alquanto discutibile, visti i livelli di preparazione dei nostri diplomati.
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Si annuncia una circolare del ministro Bussetti per “sensibilizzare il corpo docente e le scuole ad un momento di riposo degli studenti e delle famiglie affinché vengano diminuiti i compiti durante le vacanze natalizie”. L’italiano non è ineccepibile e il messaggio a genitori e studenti non è certo nuovo: “Sono dalla vostra parte”. Ma perché si parla di “diminuire” i compiti dando per scontato che sarebbero troppi? In base a quali dati il ministro Bussetti (come diversi suoi predecessori) teme che tanti bambini e ragazzi, per colpa dei troppi compiti, debbano sacrificare i «piaceri della vita familiare e degli amici» e rinunciare a “fare movimento, dedicarsi ai propri hobby e andare a vedere delle mostre”?
Naturalmente in questi casi i giornali tornano a sentire il nemico giurato dei compiti a casa, quel preside Parodi che li vorrebbe abolire totalmente, perché “suscitano odio e repulsione per la cultura”, e che ha “già” raccolto quasi 32 mila adesioni: in 4 anni e un mese, su una platea di milioni di genitori e di studenti (rarissimi i docenti). Del resto un sondaggio da noi commissionato un anno fa all’istituto demoscopico “Eumetra” abbia detto una parola chiarissima in proposito: solo 22 italiani su cento sostengono che “sono inutili, meglio abolirli”, mentre il 75% pensa, con molto buon senso, che “sono utili, se non sono troppi”. Lo stesso buon senso che fa auspicare una scuola “più esigente”: nel valutare sia la preparazione (59%), che il comportamento (67%); e il 68% giudica sbagliata l’abolizione del voto di condotta. Sono dati di cui l’attuale ministro dovrebbe far tesoro, senza preoccuparsi oltre di quella minoranza di genitori che sanno sempre meglio degli insegnanti cosa è utile ai figli e cosa no, e che in certi casi sono pronti a spiegarglielo a suon di botte.