
Non si tratta di una semplice provocazione, di una trovata estemporanea, o di un capriccio ostentato per accrescere la popolarità di una scuola, ma di un processo di decostruzione culturale subdolo e lento, partito alla fine degli anni ’90 negli Stati Uniti e attecchito pian piano in altri Paesi come l’Australia. Se ne è parlato in Europa già nel 2002, quando fece scalpore la notizia di una coppia di genitori di Brighton, sempre in Inghilterra, “sconvolti” dal sentirsi raccontare dal figlioletto undicenne che il sito di Stonehenge risale al periodo “avanti l'era comune”. Il piccolo frequentava la scuola Dorothy Stringer, dove, peraltro, in quegli anni non c’erano poi così tanti non-cristiani da “proteggere”. E nessuno, di quell’istituto, si era mai preoccupato di far sapere alle famiglie che il loro modo di raccontare la storia sarebbe cambiato.
Qualcuno prova a minimizzare la portata di provvedimenti come quello adottato nelle classi dell’Essex e del Sussex dicendo che si tratta di formalità che non incidono sulla verità dei fatti, e che le espressioni “Avanti Cristo” e “Dopo Cristo”, ovvio, rimarranno nell'uso comune. La formalità non è mai banale, né fine a se stessa, soprattutto se introdotta nell’educazione dei bambini, e negarlo è intellettualmente disonesto.
La favola della protezione (preventiva) delle minoranze è una trovata che mette in discussione la cultura e dell’identità dell’uomo in quanto tale, prima che dell’Occidente intero. Il conteggio degli anni a partire da Cristo risale a Dionigiche lo propose come evento di riferimento in alternativa all’ascesa al soglio imperiale di Diocleziano, un tiranno, più che un imperatore, che non poteva essere metro di misura per gli anni e per i secoli. E noi, a distanza di millenni, vogliamo davvero riconsegnare la Storia a un tiranno come quello del “politicamente corretto”?