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sabato 2 maggio 2015

La Resistenza e l'oro di Dongo.

 Il partigiano Neri.
Nel primo pomeriggio di domenica 29 aprile 1945, il musone di una Fiat 1500 sgommava per i tornanti intorno al lago di Como. Era partita dalla zona nord del lago, da un piccolo centro che in quei giorni di fine aprile era diventato stranamente nevralgico, Dongo. Dentro la 1500 c’erano 6 valigie di cuoio giallo e al volante Carletto Maderna, l’“autista” dei partigiani nell’alto comasco detto Carletto “Scassamacchine”. È suo un memoriale vergato esattamente un anno dopo quella domenica mattina: «Mi hanno caricato sulla Fiat 1500 cinque o sei valigie in cuoio giallo. Nei locali del palazzo del comune di Dongo “Gianna” mi aveva detto che tre contenevano parecchi soldi italiani ed esteri. Seppi dopo che erano circa 400 milioni. Sono partito alle 13 circa insieme a “Gianna” e a “Francesco” e arrivammo a Como davanti alla Casa del popolo alle 14.30 circa. Salita la “Gianna” alla sede del partito comunista, scesero delle persone e assieme a me e a Francesco portammo (sic) le valigie alla sede stessa e, come ho visto io, sono state chiuse in una cassaforte sempre nella sede del Pci di Como».

L’ORO DI DONGO. La “Gianna” protagonista di questo episodio era una staffetta partigiana, la milanese Giuseppina Tuissi, che venne uccisa da un sicario prezzolato, probabilmente del Pci, la sera del 23 giugno 1945 e poi scaraventata da una scogliera, il Pizzo di Cernobbio, dentro il lago. I 400 milioni di lire dell’epoca nelle valigie sarebbero una piccola parte dell’oro di Dongo: 70 anni dopo quei fatti, lo storico Roberto Festorazzi, con materiali inediti, tra cui testimonianze dirette o memoriali recuperati dopo più di mezzo secolo, ricostruisce una pagina oscura dei giorni della Liberazione, nel libro da poco uscito Mussolini 1945: l’epilogo (ed. in edibus).


LE LETTERE DI CHURCHILL. Accompagnate da una documentata ricostruzione, sono molte le vicende di quei giorni ricostruite da Festorazzi per la prima volta. Al centro del libro resta ovviamente la fine di Benito Mussolini, e viene esplorata anche una pista inedita che contestualizzerebbe il motivo della rapida esecuzione del duce, collegata ad un carteggio segreto tra Mussolini e Winston Churchill che in quei primi frenetici giorni del dopoguerra per gli Alleati andava fatto sparire.
In questa indagine storica, Festorazzi propone per la prima volta alcune testimonianze dirette dei protagonisti dell’esecuzione, anche di coloro che all’epoca lavoravano in seno o vicini al Cvl, il Comitato volontari della libertà che fu il braccio armato della resistenza. Attraverso queste voci viene illustrata la tesi che l’allora comandante del Cvl, Raffaele Cadorna (figlio del generale Luigi, capo delle forze armate nella Grande guerra) abbia avuto un ruolo di primo piano nella decisione di uccidere Mussolini, malgrado negli anni successivi abbia poi cercato di sminuire le sue responsabilità.

IL PARTIGIANO NERI. Festorazzi racconta anche il tragico clima da aprile a giugno 1945, quando si consumarono molte esecuzioni di civili qualsiasi o all’interno delle stesse brigate partigiane. “Gianna” è una delle vittime di questo clima insieme al suo amante, nonché comandante partigiano di cui era stata la “staffetta”, “Neri”. Una vicenda strettamente collegata all’oro di Dongo, il misterioso tesoro della Repubblica sociale italiana, che secondo Festorazzi ammontava a circa 1 miliardo di lire dell’epoca e venne in parte depredato dalla popolazione dei paesi del lago di Como, perché «i gerarchi stessi affidarono borse e valigie colme di valori ai partigiani e ai loro simpatizzanti, nella speranza di poterseli in qualche modo ingraziare». Inoltre «parte considerevole del tesoro, almeno la metà della sua entità complessiva, venne incamerata dal Partito comunista».

L’autore ipotizza che sarebbe stato proprio per il loro tentativo di impedire che i compagni di partito si macchiassero di questo furto silenzioso che Gianna e Neri forse sarebbero stati fatti fuori dai loro stessi compagni. Neri, al secolo Luigi Canali, era l’affascinante e carismatico capo partigiano del reparto comasco delle Brigate Garibaldi: cresciuto in una famiglia marxista e cattolica, dopo aver preso parte alla campagna di Russia, Canali maturò la scelta di impegnarsi attivamente nella resistenza per contrastare il fascismo.
Dai documenti raccolti, Festorazzi ricostruisce come Neri avesse in quell’aprile 1945 il sostegno e l’apprezzamento incondizionato della popolazione comasca, che riconosceva in lui il leade dell’antifascimo, al punto che quasi certamente fece parte del commando che uccise Mussolini e la Petacci. Tuttavia Canali forse sapeva qualcosa sulla fine del dittatore, che non aveva avallato. Neri sparì misteriosamente la notte del 7 maggio ’45: secondo l’autore fu fatto uccidere dai compagni partigiani, che volevano impedirgli di rivelare qualcosa sulla fine di Mussolini. La sua compagna e staffetta Gianna, all’epoca nemmeno 22enne, trascorse il mese di maggio e di giugno cercando di indagare insieme alla madre di Neri e ad un giornalista del Corriere sulla fine di Canali: ma anche lei, testimone scomoda, sarebbe stata eliminata.

Chiara Rizzo, La resistenza, l’oro di Dongo e una pagina di storia dimenticata, "Tempi", 24-04-15.