Durante le ricerche condotte per l’altro mio
libro leopardiano (Giacomo Leopardi: le donne, gli amori) rimasi
fortemente colpito da due fattori: la volontà di Giacomo di scrivere un “romanzo
autobiografico”, e l’enormità delle sofferenze e delle pene che dovette
affrontare lungo quasi tutta la sua vita. Parlo di sofferenze e pene di ordine
fisico, ma anche esistenziali, economiche, culturali, editoriali, relazionali.
Alla fine della stesura di quel libro, già pensavo a questa nuova ricerca.
2. Quali
sono le fonti che ha consultato e in quanto tempo ha composto l’opera ? È
entrato in contatto con i discendenti di Giacomo e con
qualche altro suo studioso ?
Le fonti consultate, oltre alle opere del
Leopardi, si possono desumere dalla bibliografia posta alla fine del libro.
Ovviamente ho visitato le varie biblioteche, mi sono fatto inviare copie di
testi presenti in biblioteche lontane, e, soprattutto, sono stato in continuo
collegamento con il CNSL (Centro Nazionale Studi Leopardiani) di Recanati.
L’opera l’ho composta in 7 anni, dal 2008 al 2015. Non ho preso contatti con i
discendenti leopardiani. Ma posso dire che, dopo il primo libro, ricevetti una
calorosa telefonata, inattesa e graditissima, della Contessa Anna, poi venuta a
mancare, che elogiava il mio lavoro. Ancora: la Casa Editrice fece pervenire al
Conte Vanni Leopardi, che ne aveva fatto richiesta a me tramite un comune amico,
una copia di quel libro. A questo si limitano i rapporti con la famiglia Leopardi. Quanto ai rapporti con gli altri
studiosi, posso dire che ne conosco non pochi, tuttavia non ho preso contatti
con loro, ma solo con le loro opere.
3. Ha
seguito un modello particolare ? E inoltre: a quale tipologia di lettore
si rivolge il testo ?
Non ho seguito alcun modello particolare. Ho
solo cercato, come feci anche per l’altro mio libro, di seguire un ordine
rigorosamente cronologico scandito in più tappe, quelle segnate dalle città
nelle quali Giacomo di volta in volta si portava. Questo per una chiarezza
essenzialmente strutturale. Quanto alla tipologia di lettore, non sarei capace
di scrivere per un destinatario preselezionato. Scrivo e basta. Probabilmente
questo mio atteggiamento è determinato anche dal fatto che pratico anche la
scrittura poetica che, per quanto mi riguarda, preclude al poeta la possibilità
di scelta del destinatario, cosa, del resto, che ritengo assurda e impraticabile.
4.
Qual è la chiave di lettura più corretta del suo libro ?
L’intento mio è stato non solo quello di aiutare
a conoscere meglio la persona e la personalità del Leopardi, ma anche quello di
dimostrare essenzialmente come egli abbia raggiunto le vette della poesia e sia
uno dei maggiori filosofi europei anche se esse, poesia e filosofia, venivano
coltivate in un corpo macerato e tormentato da malattie, sofferenze e disagi di
ogni genere.
5. Chi ha
scelto il titolo e il prezzo ? E inoltre: è prevista la versione
e-book (auspicabile, visto il prezzo di quella cartacea) ?
Il titolo l’ho scelto io, nel senso che l’ho
proposto alla Casa Editrice che non ha avuto alcun motivo per cambiarlo. Il
prezzo, ovviamente, è stato stabilito dall’Editore. La versione e-book al
momento non è prevista, ma non escludo che prima o poi possa essere presa in
considerazione dall’Editore.
6. A
parte La fabbrica della parola, questo è il secondo volume
che lei dedica interamente a Leopardi. Ha in mente un progetto globale che vede al
centro il Recanatese ? E inoltre: esiste un motivo specifico (per lei)
che la porta a riservare a Giacomo tanto impegno ?
Ho condotto, parallelamente alla ricerca di cui
stiamo discutendo, anche una raccolta di Pensieri
di varia filosofia, cioè di “motti, facezie varie ec. ec.”, indicati direttamente
da Giacomo nell’ Indice del mio Zibaldone
di pensieri. Tale raccolta, già pronta ma suscettibile di ulteriori
revisioni, sarà pronta tra qualche anno. Ora continuo a studiare Leopardi. Alcuni articoli sono a disposizione
dei lettori sul mio blog, urraroblog.wordpress.com.
Ma sto pensando di dedicarmi allo studio specifico della poesia del Recanatese
che considero altissima per molteplici motivi. Quanto al tempo che dedico al
poeta, che è davvero moltissimo, posso dire che dalla quinta elementare mi
porto appresso un grandissimo amore per
Leopardi, prima per la sua poesia, e poi, dagli anni del Liceo in poi,
anche per la sua filosofia. Poesia e filosofia che non ho mai smesso di approfondire.
È amore, empatia, condivisione di posizioni filosofiche. Un po’ di tutto questo.
E non potrebbe essere altrimenti.
7.
Quali elementi di novità ritiene di aver introdotto nello
studio e nella valorizzazione di Leopardi?
In tutti e due i miei libri, come ho già detto,
ho sempre avuto come obiettivo fondamentale quello di far conoscere meglio la
persona del Leopardi perché ho sempre pensato che la conoscenza dell’uomo aiuta
a conoscere meglio il poeta e il filosofo, anche se non tutti sono d’accordo su
questo. E comunque il primo libro ha fatto conoscere l’universo femminile
leopardiano facendo un po’ di chiarezza laddove regnava una certa confusione e
reperendo e pubblicando alcuni documenti importanti sconosciuti o poco noti; il
secondo mi auguro che faccia conoscere meglio le malattie, le sofferenze, le
pene e i disagi che tempestarono la vita del poeta. L’uno e l’altro, come ho
detto prima, tendono a favorire la conoscenza del Leopardi. C’è anche da dire
che la favorevole accoglienza riservata al primo libro, anche presso gli
studiosi, mi ha incoraggiato a procedere nella seconda ricerca, segno che
l’obiettivo che mi sono prefisso è senz’altro condivisibile.
Fino a questo momento il libro è stato
presentato solo in due località, e in entrambe si è avuta un’ottima
partecipazione di pubblico. Ma sono previste, tra settembre e ottobre, molte
presentazioni di cui, di volta in volta, sarà data comunicazione sul web. Il Leopardi,
anche per la sua notorietà, suscita interrogativi e spinge a porre domande su
tutti gli aspetti della sua vita. I giovani chiedono per lo più notizie sulla
sessualità del poeta, ma non mancano domande sulla sua filosofia.
9.
Sono previste presentazioni nelle scuole ?
Sì, sono previste già molte presentazioni nelle
scuole italiane. Alcune, già programmate, sono state rinviate all’autunno
perché il libro è uscito quasi alla fine dell’anno scolastico quando dirigenti,
docenti e studenti erano impegnati in tutt’altre faccende.
10.
Il romanzo autobiografico (spesso pensato e mai realizzato da Leopardi)
comprende una serie di appunti, oltreché di note e di abbozzi
sparsi nell’infinito repertorio dello Zibaldone, delle lettere, dei pensieri e
anche, sia pure in tono minore, di qualcuna delle opere più famose. Tra queste
ultime, la più rappresentativa è forse i Detti memorabili di
Filippo Ottonieri, una delle “Operette Morali” sicuramente più
autobiografiche di Leopardi. Ma ulteriori esempi si potrebbero trovare
nel Dialogo di Tristano e di un suo amico e in altri testi.
Che cosa ha impedito a Leopardi di scrivere un’opera a lungo pensata, con la
quale forse avrebbe potuto liberarsi dall’ansia di vivere
?
È tutto
vero quello che Lei afferma circa i testi da cui si potrebbero desumere notizie
importanti ai fini della conoscenza del Leopardi. Quanto al “romanzo autobiografico”
pensato, progettato e mai scritto, ciò fu dovuto alle tante malattie e
sofferenze che impedivano a Giacomo di portare a buon fine i tanti programmati
lavori. Il tempo durante il quale egli fu davvero libero di leggere e di scrivere
senza impedimenti fu davvero poco. Oltretutto c’è anche da pensare che egli morì a soli 39 anni. In effetti
io ho condotto un lavoro teso a storicizzare le cose da lui dette, a chiarire
tante situazioni, a spiegare le tante patologie, a ricercare analisi di medici
a noi contemporanei e ad individuare le possibili terapie che essi affermano
potevano essere salutari ma che ai suoi tempi erano del tutto sconosciute.
11. Il protagonista dei Detti memorabili… è
l’autoritratto di Giacomo, o meglio, ciò che Giacomo avrebbe voluto
essere, se soltanto fosse riuscito a superare la barriera di incomunicabilità
che gli impediva di relazionarsi in modo più sereno con gli altri.
Pensieri come “Non credeva che si potesse né contare tutte le miserie degli
uomini, né deplorarne una sola bastantemente. A quella questione di
Orazio, come avvenga che nessuno è contento del proprio stato, rispondeva: la
cagione è, che nessuno stato è felice.”, possono senz’altro essere presi come
esempi caratteristici, anche se non esclusivi, del pensiero di Leopardi. Le
mie sono riflessioni estemporanee o contengono un minimo di verità ?
No, sono affermazioni del tutto condivisibili.
Quanto ai Detti memorabili di Filippo
Ottonieri, a conferma della validità di quanto da Lei affermato, si tenga
presente che l’operetta è infarcita di “detti” e “annotazioncelle” che ricalcano
in modo evidente passi dello Zibaldone
scritti in precedenza. Nei Pensieri di
varia filosofia, di cui ho detto prima, riporto pure un’affermazione di
Rolando Damiani il quale scrive: «Costruito con aforismi talora desunti quasi
letteralmente dallo Zibaldone,
Filippo Ottonieri è, piuttosto che un ritratto autobiografico, come spesso si è
detto, il fenotipo generato dall’azione combinata della visione leopardiana del
mondo e dello stato di civiltà» (R. Damiani, Giacomo Leopardi: Poesie e prose,
Mondadori, Milano 1988, vol. II, p. 1327).
12. Sulla psicologia di Leopardi, sulla sua introversione, sulle sue
difficoltà a relazionarsi con gli altri (malgrado gli aneliti di apertura al mondo che ricorda più volte), sul suo 'vittimismo', si è scritto molto. D’altra parte, a volte si ha l’impressione che Leopardi (forse inconsciamente) si avvolga nel
mantello plumbeo del ‘male di vivere’, quasi a farsene uno scudo contro il
mondo. La solitudine, il non espresso verbalmente (ma confessato a pagine su
pagine riempite con una grafia nervosa), costituiscono forse
l’unico modo con cui egli ritiene di potersi difendere da una società che non
lo comprende (a parte pochi sodali). Posso chiedere il suo parere al
riguardo ?
Io ritengo che
Leopardi non si sia volutamente chiuso nel vittimismo, soprattutto
perché il “male di vivere” era in lui un fatto reale, e non ideologico, che
limitava sostanzialmente sia la sua attività intellettuale che le sue possibilità
relazionali. Vero è che una forte dialettica venne a stabilirsi tra lui e la
società, soprattutto quella intellettuale, ma non per questo egli si chiudeva
in sé, anzi mostrava spesso un animo battagliero e polemico. E questa
dialettica non lo portò mai a chiudersi in un isolamento scontroso e difensivo.
La sua solitudine era determinata dalle condizioni di vita, dalle malattie,
dalle difficoltà economiche, dalle delusioni che lo aggredivano quando tentava
di stabilire relazioni con gli altri, oppure relazioni sentimentali effettive,
e non da una sua libera scelta.
13. Esistono precise testimonianza che ci
presentano un Leopardi fanciullo e adolescente pieno di vivacità, di gioia di vivere,
di carica vitale, tutt’altro che imbelle, perdente o rinunciatario, ma anzi,
piuttosto impositivo, imperioso, tendente a guidare, piuttosto che a seguire.
Insomma, una specie di leader, di capo. Non crede che qualcosa di questo antico
carattere gli sia rimasto per tutta la vita, in particolare il rifiuto di farsi
trascinare, l’accettazione di un ruolo di subordinazione che ne avrebbe
mortificato lo spirito e l’intelligenza ? Non crede che, al di là della sua
modestia, Leopardi si considerasse una specie di profeta, di guida spirituale
dell’umanità ? Tale, in definitiva, il messaggio della Ginestra (preceduto
in verità da altre specifiche osservazioni).
Sì, sono
sostanzialmente d’accordo. Anche dal mio libro emerge qua e là la tendenza del
Leopardi a non “farsi trascinare”, come dice Lei. Si pensi, tanto per fare
qualche esempio, al suo rifiuto ripetuto e categorico a portarsi a vivere
presso i Tommasini, ai disagi che provava a Roma a casa dello zio e al suo desiderio,
non esaudito dalla famiglia, di poter vivere da solo nella capitale, oppure
alle insistenze dello zio Carlo Antici che avrebbe voluto che Giacomo si dedicasse
a studi ed opere di carattere prettamente religioso per poterne trarre qualche
vantaggio. Ma altri esempi si potrebbero portare a conferma non tanto del
rifiuto di subordinazione, quanto del suo spirito di indipendenza, di autonomia
vera, quindi di libertà. Quanto al fatto che
Leopardi si sentisse una sorta di profeta, una cosa è certa: le Operette chiamate morali, lo Zibaldone
pieno di analisi e di suggerimenti, le “dissertazioni filosofiche”, la Lettera che avrebbe voluto inviare a un giovane del XX secolo, i Pensieri, sono tutti scritti pervasi da
una volontà di fondo, quella di parlare agli altri. E se poi pensiamo ai
messaggi contenuti nelle opere napoletane, in modo particolare nella Ginestra, possiamo senz’altro affermare
che Leopardi era un intellettuale aperto
al mondo e agli uomini cui si sentiva fortemente affratellato dallo stesso
destino e ai quali non si è mai stancato di parlare, apertamente, il linguaggio
della verità. Che sia stato, quindi, un apostolo della verità, è certo; che si
sia sentito “una specie di profeta”, non lo credo, soprattutto considerando il
fatto che sapeva e sentiva che le sue parole, in quel periodo, a Firenze
come a Napoli, cozzavano contro il muro della supponenza e del rifiuto. Ma
forse si può affermare che può darsi che fosse,
più che fosse convinto, di essere un
profeta, soprattutto tenendo conto dell’acutezza e della profondità dei suoi
messaggi.
14. Il rapporto
Monaldo-Giacomo è senza dubbio una delle chiavi di interpretazione più
realistiche della vita e del carattere del secondo. Un rapporto di
amore-odio da parte del figlio, malgrado gli indubbi benefici che questi ha
ricevuto dal padre. Basti pensare alla biblioteca e alla possibilità
(almeno teorica) di avere in casa un interlocutore, il padre, il quale,
al di là delle posizioni politiche su cui si potrebbe discutere, era dotato di
una cultura non indifferente (quantomeno per quei tempi) e a ben vedere nei
confronti dei figli era più aperto di quanto in genere non si creda. Per dire:
Monaldo -un fatto tutt’altro che comune per quei tempi- ha voluto
che anche Paolina ricevesse la stessa
istruzione dei fratelli e che anche lei potesse leggere i libri proibiti per i
quali aveva chiesto a Roma la regolare autorizzazione. Monaldo –una decisione
ancora più rara, allora- aveva deciso che la sua biblioteca fosse aperta al
pubblico. Il figlio non vede l’ora di fuggire dal padre e da Recanati, ma
dopo la delusione di Roma, ritorna all’ovile, accolto dal padre. Anche dopo,
quando si allontanerà più volte da Recanati, il padre non gli farà mai mancare
un piccolo sostegno finanziario, spinto forse dal rimorso di aver imposto a
Giacomo (e a Carlo) di indossare la tonaca. Non crede che con Monaldo la
critica sia stata a volte un po’ troppo severa ? Con quale spirito lei
si è accostato a questa figura ?
Monaldo Leopardi |
15. Naturalmente, la madre, 'la grande assente' dall'opera leopardiana. Diverso, invece, il rapporto con Paolina e con Carlo. Paolina rappresenta
il suo alter ego, la persona che forse riesce a capirlo
meglio e alla quale egli confida, sia pure in parte idealizzandoli, i suoi
pensieri e le sue esperienze di vita quando si allontanerà da Recanati. Con Carlo il rapporto è ancora più sincero, ma l' epilogo è ben diverso. Che
posto occupano nel suo libro queste figure ? E inoltre: ritiene che entrambe
siano state adeguatamente studiate dalla critica ?
Per quanto riguarda Paolina, mi permetto di
rinviare al mio primo libro leopardiano dove, come ho detto, tratto
specificamente dell’universo femminile leopardiano. In quel libro
all’amatissima sorella di Giacomo ho dedicato le pagine 31-61. In questo,
invece, ho dedicato a Carlo molte pagine e molte riflessioni sia sulla sua
personalità, sia sui suoi rapporti con Giacomo e sui motivi che ne provocarono
la rottura. Si può dire che fino al 1828 Giacomo considerava il fratello
davvero come un alter ego. Basti sfogliare le lettere che si scambiarono. In esse
trovavano posto gli sfoghi più intimi, le cose più personali e inconfessabili
agli altri, le confessioni a cuore aperto, il tutto condito da un linguaggio
libero, franco, schietto, addirittura impensabile per un poeta come Giacomo.
Dunque fino al 1828 il loro rapporto fu leale, sincero, aperto, fraterno nel senso più vero e intimo della parola. Poi
si arrivò al silenzio totale che caratterizzò il periodo successivo al
matrimonio di Carlo con la cugina Paolina Mazzagalli che comportò la rottura
dei rapporti tra la famiglia Leopardi, avversa a quel matrimonio, e lo stesso
Carlo, il quale abbandonò per sempre la sua casa. Sui motivi della rottura dei
rapporti tra Giacomo e il fratello, che provocò dolore e angoscia in entrambi,
mi permetto di rinviare alle pagine 221-225 del mio libro.
16.
Di tutte le figure che gravitano attorno a Giacomo, qual è quella che le
sembrava più difficile da rappresentare ? E qual è, a suo giudizio,
quella che meriterebbe una maggiore attenzione da parte della critica ?
È
indubitabile che la figura più complessa, e che davvero meriterebbe, come
dire?, un ulteriore supplemento d’indagine, è quella rappresentata da Antonio
Ranieri. Non perché la sua personalità fosse difficile da decifrare, ma per due
motivi fondamentali. Il primo è dato dalle sue tante bugie, menzogne, falsificazioni
a proposito della vita e, soprattutto, della morte di Giacomo, cose che sono
state ampiamente documentate e che lo hanno reso inviso a tutti gli studiosi e a tutti gli amanti di Leopardi. Il
secondo motivo riguarda la sua figura di scrittore che ritengo vada più
opportunamente, adeguatamente e liberamente, cioè con la mente libera da ogni
pregiudizio, studiata e valutata.
17. Leopardi e il lessico. Vogliamo dire qualcosa sulla continua tensione leopardiana alla ricerca della parola pienamente corrispondente al pensiero, calibrata sui moti dell’animo, alla perenne verifica etimologica dei termini ? Una precisione spinta fino all’acribia, che d’altra parte fa capire quanto severo fosse Giacomo nella sua attività letteraria, concepita quasi come un sacerdozio laico.
Ha già detto tutto Lei. Posso aggiungere che Leopardi
ha dedicato allo studio e al culto della parola moltissime pagine dello Zibaldone. Nel libro che Lei ha
ricordato, La fabbrica della parola,
ho dedicato molte pagine all’argomento. Cito solo alcuni degli argomenti
trattati, per dimostrare l’impegno leopardiano negli studi sulla parola: il
rapporto tra pensiero e parola, il rapporto tra idea e parola, il rapporto tra
le parole e le cose, la differenza tra termini e parole, le parole della poesia
e le parole della prosa, la metafora, le circonlocuzioni, ecc. Questo per dire
dell’impegno del nostro poeta sulla tematica della parola, senza contare le sue
tantissime pagine di ordine filologico che andrebbero studiate con più cura.
Ecco un esempio della sua cura della parola: si leggano nello Zibaldone le diverse versioni del
concetto di “infinito” prima che il Leopardi arrivasse alla forma poetica
dell’idillio nel quale, con le stesse parole usate nelle prose dello Zibaldone, costruisce un vero e proprio
gioiello della poesia mondiale in cui l’armonia della parola poetica nasce, non
solo dalle singole parole usate, ma anche dalla struttura complessiva che il
poeta riesce a creare e da quella che Lei, giustamente, chiama “parola
calibrata sui moti dell’animo”. Si noti,
ad esempio: il mutamento di “infiniti” in “interminati” per creare la
rispondenza allitterante con “spazi” (a-i > a-i); la presenza dei gerundi
(“sedendo e mirando”) che creano, con le dentali sonore una fonicità dolcissima;
la scelta definitiva di “immensità” al posto di “infinità”, ecc. Sacerdozio
laico? L’espressione, a dire il vero, mi piace molto.
18. Leopardi e Napoli, un rapporto non sempre sereno. Al di là del garbo che
lo contraddistingueva, delle sue nobili intenzioni e dell’ansia di vivere come gli altri, non c’è dubbio che Leopardi fosse una figura
piuttosto difficile da avvicinare, poco disposto com’era ad amicizie
occasionali, a chiacchiere da caffè. Personalità riservata e molto
selettiva, il suo spirito, forse, non era pienamente compatibile
con una coralità un po’ invadente, con un certo folclore debordante, con la
travolgente allegria partenopea, di cui, comunque, talvolta sembra subire il
fascino. La folla napoletana, come è stato scritto “[http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2015-08-11/da-olschki-maledetta-vita-giacomo-leopardi-113252.shtml?uuid=ACiiI4f] riesce a rasserenarlo. Prova tanta gioia nel
passeggiare per Toledo e Santa Lucia. " È d’accordo anche lei ?
Sì, sono pienamente d’accordo. E infatti nel mio
libro sostengo apertamente questa idea del Leopardi a Napoli. Parlo di “un
rapporto conflittuale fatto di attrazione e repulsione”, delle abitudini di
vita più libere e incontrollate che egli assunse nella città partenopea, del
rapporto fortemente dialettico con gli intellettuali napoletani, dei gravissimi
problemi economici ed editoriali che egli incontrò, dei rapporti con il cibo.
Ma parlo anche di Giacomo il flaneur.
Insomma, e non poteva essere altrimenti, ho dedicato molte pagine, 339-420, al
complesso rapporto che Giacomo instaurò con la mia città. Rapporto fatto di
amore e odio, di simpatia e antipatia, di immedesimazione con il popolo e scontroso
rifiuto del popolo. Una cosa è certa, però:
Leopardi a Napoli visse forse come lui voleva e godé di quella libertà
che egli stesso riusciva a concedersi. Si trattava di comportamento che
altrove non gli era, o forse non si era, consentito. Da questo punto di vista,
penso che abbia ragione chi afferma che Napoli era una città leopardiana.
L’istituzione
della cattedra di “Ermeneutica leopardiana” presso l’Università degli Studi
“Suor Orsola Benincasa” di Napoli fu salutata da tutti come un doveroso omaggio
a un grandissimo poeta che visse a Napoli gli ultimi quattro anni della sua
vita. Quanto alla specificità della cattedra napoletana, essa consiste
innanzitutto nella particolarità dell’insegnamento, in quanto il termine
“ermeneutica” rinvia, logicamente, allo studio e all’analisi dei testi leopardiani;
poi nel fatto che la cattedra ha valore curriculare con modulo semestrale; in
terzo luogo nel fatto che è aperta agli studenti di altre università convenzionate con la SOB (Suor Orsola Benincasa); infine
nel fatto che essa è aperta a tutti coloro che intendono, anche per solo interesse personale, approfondire alcune tematiche leopardiane. Questa specificità mi sembra
renda degna di lode l’iniziativa.
Per quanto riguarda la mia esperienza personale
(parlo dei miei frequenti rapporti e
contatti con gli intellettuali napoletani), posso dire che il Leopardi è
considerato a Napoli grandissimo poeta e grandissimo filosofo, come è giusto
che sia. Delle polemiche degli anni 1833-1837 non esiste, ovviamente, neanche
l’ombra. Si consideri anche il fatto che recentemente, oltre al mio libro, sono
state pubblicate a Napoli diverse altre opere dedicate al Leopardi.
21. Nel libro è dedicato un discreto spazio ad Antonio
Ranieri, com’è giusto, perché fu la persona che si prese cura di Leopardi nell’ultima
parte della sua vita. Tuttavia, non crede che proprio Ranieri, con le sue
memorie sul periodo vissuto assieme a Giacomo, sia all’origine di una serie di
malintesi e di equivoci su Leopardi stesso ? E inoltre:
ritiene che Ranieri sia stato veramente in grado di comprendere una personalità
così geniale, complessa e contraddittoria come quella di Giacomo ? In parte Lei ha già risposto, ma vogliamo approfondire l'argomento ?
Oltre alle cose dette in precedenze (v. risposta
alla domanda 16), posso aggiungere che sì, le memorie del Ranieri, in
particolare il suo famigerato Sodalizio,
la Notizia e il Supplemento, hanno diffuso molte notizie non veritiere, alcune
palesemente false e mendaci, altre giustamente dimostrate tali, cose che hanno
creato non poca confusione intorno alla persona di Giacomo. Grazie a Dio, però,
non hanno potuto scalfire in nulla il grandissimo valore della sua personalità
intellettuale e poetica. Per quanto riguarda, invece, l’intelligenza del
Ranieri e la sua capacità di comprendere la personalità del poeta recanatese,
ritengo che non ne fosse capace: troppa distanza e differenza tra i due. Tuttavia
non bisogna dimenticare che il mito Leopardi è nato specificamente dopo la sua
morte e che durante la vita non fu apprezzato come meritava e addirittura ne fu
sostanzialmente ignorata la morte. Troppo grande la personalità del Leopardi
per essere compresa in un ambiente che non era alla sua altezza. Per quanto
riguarda il Ranieri ritengo che soprattutto la sua personalità
di scrittore meriti ulteriori studi e approfondimenti.
22.
Leopardi viene considerato un pessimista irriducibile; eppure, come ha scritto
De Sanctis, se una persona depressa lo legge, avverte la reazione
opposta, sente in sé l’effetto catartico di una tragedia greca. Il lettore si
libera dall’angoscia, si rigenera, si risolleva, si riaccosta alla vita con
quella fiducia che prima gli mancava. È d’accordo anche lei ?
Il Leopardi aveva una concezione dichiaratamente
pessimistica della vita e del mondo. Tuttavia il suo pessimismo derivava
sostanzialmente dal tradimento che la vita operava nei confronti suoi e degli
uomini. Si tenga presente che egli era innamorato della vita e avrebbe voluto
viverla compiutamente alla ricerca di quella felicità impossibile che era
negata a lui e agli altri. È questo il destino degli uomini decretato da una
Natura crudele e beffarda. Quanto all’effetto che la lettura dei suoi versi poteva/potrebbe
esercitare sugli altri, non parlerei tanto di liberazione dall’angoscia come
una sorta di catarsi di aristotelica memoria, quanto di conforto, conforto che
tutti ancora provano, lo stesso che provava la figlia del Manzoni, Matilde, quando si
commuoveva durante la lettura dei suoi versi, o Adelaide Maestri Tommasini,
l’unica donna che forse si innamorò veramente del poeta. Quanto al De Sanctis,
mi permetto di affermare di non essere d’accordo con la sua prima proposizione:
“ Leopardi non ama la vita…”. Leopardi
amava tanto la vita che la sua infelicità era il frutto, come ho detto prima,
del tradimento che la vita perpetrava ai danni suoi e di tutti gli uomini.
23.
Leopardi e il fascismo. In apparenza dovrebbe essere un autore poco amato dal regime, visto appunto il cliché di pessimista con cui
viene comunemente dipinto. Nella realtà, il fascismo tributò a Leopardi onori che
nulla hanno da invidiare a quelli
odierni. Basti guardare questo video. “Il Grande Italiano” è
stato vittima di una strumentalizzazione politica, o il fascismo è riuscito
davvero a capire la vera essenza del suo pensiero ? Oltre al titanismo,
di sfida nei confronti di una Natura ostile, cosa ha recepito il regime della
filosofia leopardiana ?
In realtà
vi fu uno scoperto e ingiustificabile tentativo di “fascistizzazione” di Leopardi perché in effetti non si trattò di
capire o meno il genio, la grandezza e l’originalità del Leopardi, ma di appropriarsene quando ormai
il suo nome cominciò davvero a brillare nel panorama della poesia e del
pensiero europei. Allora tutti coloro che, per un motivo o per un altro, furono
chiamati a tenere discorsi ufficiali su di lui, cercarono
davvero di “fascistizzare” Leopardi in un modo di cui essi stessi, forse,
nell’intimo della loro coscienza, non potevano non vergognarsi. Parlo di personaggi
di grandissima cultura e serietà come Ettore Romagnoli, Giovanni Papini, che
travisarono il Leopardi, il suo pensiero e financo la sostanza dei suoi Canti. Non si trattò dunque di capire,
ma di presentare sotto una falsa luce il grande recanatese, e ciò fecero per
servilismo verso il potere fascista. Dispiace davvero molto leggere le cose che
dissero i due sopra ricordati, ma anche altri intellettuali, cose che qui non
riporto per ragioni di spazio, ma che si possono leggere in Gianni Infusino, Zibaldone di sventure, Liguori, Napoli
1987, in particolare le pagine 82-88.
24. Leopardi si attribuiva un’infinità di malattie, ma in realtà quelle su
cui esiste una certa unanimità da parte degli studiosi sono la tubercolosi
ossea e una psicosi maniaco-depressiva, che certo non è favorita dal clima
chiuso e arretrato di Recanati. Al riguardo, può riassumere le
‘diagnosi’ formulate dagli specialisti che lei ha consultato ? E
fino a che punto, secondo lei, il suo stato fisico
precario ha influito sulla sua concezione del mondo ? Le sue malattie lo hanno condizionato
negativamente (come sosteneva Croce), oppure gli hanno permesso di
arrivare a determinate verità prima di quanto in genere facciano le persone
cosiddette normali (come riteneva invece Timpanaro) ? E fino a che
punto Giacomo rifiutava l’idea che si potesse attribuire al suo stato fisico
ciò che secondo lui aveva origine soltanto nel suo intelletto ?
Leopardi non “si attribuiva” malattie, ma era
realmente affetto da molteplici mali e malanni. Qualche volta formulava
diagnosi cervellotiche, altre volte intuiva la natura e la gravità dei suoi
mali. Ma teniamoci lontano, molto lontano, dal rischio di ritenere o far
passare Leopardi per un malato immaginario. Commetteremmo un errore gravissimo,
lo stesso errore di cui il poeta incolpava i suoi genitori, in special modo la
madre. Quanto ai suoi mali, il discorso sarebbe davvero molto lungo, e difatti
essi rappresentano il motivo fondamentale per il quale ho svolto la mia ricerca
e scritto il mio libro. In generale possiamo dire che, al di fuori di quanto
affermato dallo stesso Leopardi nel suo Epistolario,
e di quanto riportato dal suo amico Ranieri, non siamo in possesso di nessuna
diagnosi medica. Ci resta solo una lettera del dott. Caramelli nella quale egli
“descriveva” le condizioni reali dello stato di salute di Giacomo ma non forniva
una vera e propria certificazione medica. E proprio sulla base delle cose dette
direttamente dal poeta, e dal Ranieri, gli studiosi medici oggi hanno potuto
intuire la vera sostanza delle malattie e fornire, in molti casi, la terapia
che oggi si sarebbe adottata. Per non sottrarmi alla domanda che Lei mi pone,
ecco alcune sue malattie riconosciute e analizzate dal punto di vista
prettamente scientifico: la tubercolosi ossea, o spondilite tubercolare, il
cosiddetto morbo di Pott, provocato dal bacillo di Koch, che aggrediva
soprattutto le ossa e provocò nel Leopardi la doppia gobba; l’oftalmia, che è
stata specificamente individuata come astigmatismo ipermetropico; i disturbi
intestinali frequenti, che i medici hanno riconosciuti come flogosi
intestinale; l’enfiagione alle gambe, inquadrabile, come sostiene il dott.
Bianchini, come cedimento della resistenza cardiaca; la ftiriasi contratta,
secondo il dott. Di Ferdinando, da rapporti con “veneri infestate”; i geloni,
derivati, secondo il dott. Sterpellone, da ipotensione arteriosa e dalla
conseguente scarsa irrorazione dei tessuti periferici; e soprattutto
idropericardia toracica, il male che probabilmente lo portò alla morte. Queste
sono le principali malattie riconosciute anche dagli specialisti, molte delle
quali sono considerate guaribili, oggi, con semplici terapie, ma non ai tempi
di Leopardi, cioè in epoca pre-antibiotica. Quanto alla seconda parte della sua
domanda, sono d’accordo con Sebastiano Timpanaro, come affermo anche a pag. 132
del mio libro. In particolare, ritengo anch’io che le malattie acuirono nel
Leopardi la sensibilità che lo portò ad indagare in modo profondo e costante
sui condizionamenti negativi che la Natura esercita nella vita dell’uomo. Ma
non determinarono affatto il suo pessimismo che aveva un respiro molto più
ampio che la considerazione del solo io. La verità è nelle parole che lo stesso
Giacomo, quando venne a sapere che si attribuiva alle sue malattie la sua
filosofia negativa, scrisse al De Sinner il 24 maggio 1832: «Prima di morire,
voglio protestare contro questa diceria della debolezza e della volgarità, e pregare
i miei lettori di dedicarsi a distruggere le mie osservazioni e i miei
ragionamenti piuttosto che accusare le mie malattie». E
tuttavia le sue malattie esercitarono una grave azione di disturbo sulle sua
attività letteraria: spesso gli impedivano perfino di leggere e scrivere per
lunghi periodi.
25. No, certo, non ho mai pensato che Leopardi fosse un malato immaginario. Mi riferivo appunto alla vera natura delle sue patologie. Ma passiamo ad altro.
In base alla sua pluridecennale esperienza di docente di Italiano, ritiene che nelle nostre scuole superiori Leopardi sia presentato in modo adeguato, tale comunque da coniugare il rispetto della sua poetica con l’interesse degli allievi ? È ragionevole, soprattutto, osservare che nei programmi si riservi uno spazio eccessivo alla produzione poetica di Giacomo, trascurando un po’ i testi in prosa, a partire dalle Operette morali e dalle lettere, che rappresentano due delle chiavi più complete (se non le più complete) per accostarsi al suo pensiero e alla sua vita ? I suoi studenti, in genere, quale Leopardi preferivano, quello delle liriche o quello che si esprime in prosa ?
In base alla sua pluridecennale esperienza di docente di Italiano, ritiene che nelle nostre scuole superiori Leopardi sia presentato in modo adeguato, tale comunque da coniugare il rispetto della sua poetica con l’interesse degli allievi ? È ragionevole, soprattutto, osservare che nei programmi si riservi uno spazio eccessivo alla produzione poetica di Giacomo, trascurando un po’ i testi in prosa, a partire dalle Operette morali e dalle lettere, che rappresentano due delle chiavi più complete (se non le più complete) per accostarsi al suo pensiero e alla sua vita ? I suoi studenti, in genere, quale Leopardi preferivano, quello delle liriche o quello che si esprime in prosa ?
Rispondo con grande sincerità: tutto dipende
dall’insegnante. Al di là dei programmi e delle direttive ministeriali, c’è
l’insegnante con la sua cultura, la sua sensibilità, la sua autonomia, le sue
scelte. È vero, comunque, che in genere si studia più il poeta che il
prosatore. Io supportavo le lezioni teoriche con la lettura di determinati
brani, anche se pure i miei studenti manifestavano maggiore simpatia per i Canti: il fascino dei versi leopardiani
li conquistava.
26.
Quali sono le parti del libro che ritiene più adatte per essere affrontate a
scuola ?
In ogni parte del libro sono contenuti argomenti
che riguardano fondamentalmente riflessioni e convinzioni filosofiche e il
rapporto con gli intellettuali, lo studio dei quali può aiutare gli studenti a
conoscere meglio la personalità del Leopardi. Alcuni esempi: la sofferenza
dell’intelletto e del cuore (pp. 42-45); i motivi del disperato tentativo della
fuga e del suo fallimento (pp. 58-70);
Leopardi e il suicidio (pp. 81-92); i tormenti di Giacomo a Recanati
(pp. 126-129); il rapporto ambivalente di Giacomo con gli intellettuali
fiorentini (pp. 189-191; 230-236); i problemi psicologici ed esistenziali di
Leopardi nel suo ultimo soggiorno recanatese (pp. 237-244); Leopardi e Napoli:
un rapporto conflittuale fatto di attrazione e di repulsione (pp. 339-352);
Leopardi e gli intellettuali napoletani (pp. 393-397). E poi: il capitolo
“Giacomo: un intellettuale che viaggia nel tempo” (pp. 421-426).
27.
Lei è autore di manuali scolastici, tra i quali vorrei ricordare almeno
l’antologia di classici latini e la storia della letteratura latina. Alla luce della sua esperienza, come
giudica le scelte di Leopardi per la realizzazione dell’impresa affidatagli
dall’editore Stella ?
La proposta dell’editore milanese Stella
contemplava la traduzione di tutte le opere di Cicerone. Leopardi doveva
dirigere l’intera collana e tradurre personalmente alcune opere. Egli commise
un grave errore nell’accettare questo incarico per tre motivi: perché non si
sentiva in grado di affrontare contrattazioni e, magari, di opporre rifiuti a
certe insistenze; perché a Milano ci stava “di malissima voglia”; perché quel
lavoro che aveva accettato pur di andar via da Recanati in effetti comportava
“studi che abbomino”. Infatti è noto che Giacomo, stando alle sue stesse
dichiarazioni e confessioni, trovava piacevole e agevole tradurre dal greco, ma
fastidioso e faticoso tradurre dal latino. Immaginarsi, quindi, come poteva
assoggettarsi a una fatica enorme verso la quale manifestava avversione o
antipatia.
28. Secondo Lei, esiste qualche aspetto, della vita di Leopardi, che non è
stato ancora indagato a fondo ?
Leopardi è il poeta e filosofo dell’Italia
moderna e contemporanea più studiato al mondo. Riesce difficile individuare
aspetti della sua vita ancora inesplorati o “non ancora indagati a fondo”. Ma è
normale che, anche su aspetti esplorati e indagati a fondo, sia lecito
continuare a scavare. Come certamente avverrà. Se poi si considera la
grandiosità dello Zibaldone, che è
una miniera non ancora del tutto esplorata, o forse ancora poco esplorata,
allora si può ritenere che lo studio di esso possa provocare altri interessanti
studi su Giacomo.
29.
Posso chiederle un giudizio sul film “Il giovane favoloso” ? E inoltre:
non trova curioso che l’A. più importante, assieme a Manzoni, della nostra
letteratura della prima metà dell’Ottocento (a voler essere riduttivi) non
abbia avuto altre trasposizioni cinematografiche (a parte dei tentativi
condotti dalla RAI qualche anno fa) ?
Il film
di Mario Martone l’ho giudicato magico, poetico, ricco di fascino. Chi l’ha
criticato, a mio avviso, non ha tenuto conto del fatto che trasferire Leopardi,
un poeta, sullo schermo era un’operazione a
priori estremamente difficile e rischiosa; non ha saputo apprezzare il
coraggio del regista nell’affrontare una tematica difficilmente
trasportabile sullo schermo; non vuole o non sa riconoscere a un artista come
Mario Martone la libertà di cui deve godere l’artista che si appresta a
trattare una tematica già assai conosciuta. Martone aveva il diritto/dovere di
fare un’opera “sua”, opera che risulta anche splendida da ogni punto di vista.
Quanto al fatto che un autore come Leopardi, e anche Manzoni, “non abbia avuto
altre trasposizioni cinematografiche”, il tutto dipende dalla vita stessa del
poeta, non ricca di colpi di scena e di
azioni “esterne”. Leopardi era un uomo molto “interiore” e quindi poco “cinematografico”,
se così si può dire.
30. Dopo quasi 180 anni dalla sua scomparsa, Leopardi continua a sollecitare ancora oggi un’incessante, intensa e qualificata produzione saggistica. Più o meno contemporaneamente al suo libro, sono apparsi nelle librerie la ristampa anastatica de La teoria leopardiana della lingua, di Francesco Colagrosso (1909), Io sono quella che tu fuggi, di Gaspare Polizzi e La Bibbia di Leopardi, di Laura Novati. E sono soltanto alcuni dei titoli di quest’anno. Per non parlare poi delle infinite versioni delle sue opere e della manualistica scolastica. D’altronde, anche sul piano delle vendite le opere di Leopardi guidano la classifica, se sono vere le statistiche che lo vedono al vertice: Giacomo è l’autore classico italiano che può vantare più vendite rispetto ad ogni altro classico. Potrei chiederle un commento su questi dati ? Sono o non sono una conferma della sua universalità, del suo essere, ormai, un’icona a livello planetario ?
Confermo pienamente quanto da Lei detto, anche
sui dati relativi alle vendite. Leopardi è un intellettuale modernissimo che
può parlare, come in effetti parla, agli uomini di oggi. A questo proposito
voglio aggiungere che lo Zibaldone,
una miniera inesauribile di cultura e di filosofia cui può attingere ogni
studioso leopardiano, è anch’esso segno evidente della sua “universalità”.
31.
A conferma della popolarità di Leopardi (verosimilmente anche tra un pubblico
di non specialisti), anche Twitter dedica al
Recanatese profili ed hastag, per esempio @Leopardi_24 ; #Zibaldone20 .
Sul web Leopardi è il poeta più gettonato. Ciò
risulta anche dai tanti “Gruppi amici
di Leopardi”.
32.
Riuscire a pubblicare, per due volte, con una casa editrice così illustre come
Olschki è un traguardo a cui molti studiosi aspirano. Posso chiederle com’è
nata l’idea di rivolgersi, sin dal primo volume, a questo editore ? Per il fatto che la Olschki ha pubblicato i volumi della "Bibliografia
leopardiana" ?
Quando completai il mio primo lavoro (Giacomo
Leopardi: le donne, gli amori) conoscevo il prestigio, l’autorità,
la serietà della Casa Editrice Olschki, e ne conoscevo benissimo anche
l’impegno nella pubblicazione della “Bibliografia Leopardiana”, degli “Atti” di
tantissimi convegni di studi sulla figura del poeta, ecc. Pensai che il mio
libro, che trattava un argomento particolare, potesse interessare ad una Casa
Editrice attenta alle tematiche leopardiane. E così fu. Insomma tutto normale:
inviai il libro alla Casa Editrice, e il libro fu accolto. Di tanto ancora
ringrazio il dott. Daniele Olschki e i suoi collaboratori anche per la prestigiosa
veste editoriale che sono riusciti a dare ai miei due libri.
Mi consente, prof. Lalomia, una considerazione finale su
questo nostro incontro? Alla fine di
questa intervista, sento il bisogno non
solo di ringraziare Lei per avermela richiesta, ma anche, e soprattutto, per la
qualità, la profondità e l’articolazione delle domande a me sottoposte.
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Raffaele Urraro
Nota bio-bibliografica
Raffaele Urraro
è nato il 1940 a San Giuseppe Vesuviano dove tuttora vive e opera. Dopo aver
insegnato italiano e latino nei Licei, ora si dedica esclusivamente al lavoro
letterario. Giornalista pubblicista, collabora come
redattore alla rivista di letteratura e arte «Secondo Tempo» diretta da
Alessandro Carandente. Suoi interventi critici, con saggi e recensioni, sono
presenti anche su altre riviste, come «La Clessidra», «L’Immaginazione»,
«Capoverso», «Sìlarus».
Ha pubblicato
le seguenti opere:
Poesia:
Orizzonti di carta, San Giuseppe Vesuviano 1980, poi
Marcus Edizioni, Napoli 2008;
La parola e la morte, Loffredo, Napoli 1983;
Calcomania, Postfazione di Raffaele Perrotta,
Loffredo, Napoli 1988;
Il destino della Gorgonia – Poesie e prose, Loffredo, Napoli
1992;
Anche di un filo d’erba io conosco il
suono, prefazione di
Ciro Vitello, Loffredo, Napoli 1995;
La luna al guinzaglio, con Saggio critico di Angelo Calabrese,
Loffredo, Napoli 2001;
Acroàmata – Poemetti, Loffredo, Napoli 2003;
Poesie, Marcus Edizioni, Napoli 2009;
Ero il ragazzo scalzo nel cortile, Marcus Edizioni, Napoli 2011.
La parola incolpevole, Marcus Edizioni, Napoli 2014.
Saggistica:
Poiein – Il fare poetico: teoria e
analisi, Tempi Moderni,
Napoli 1985;
Giacomo Leopardi: le donne, gli amori, Olschki editore, Firenze 2008;
La fabbrica della parola – Studi di
poetologia, Manni
Editore, San Cesario di Lecce 2011;
“Questa maledetta vita” –
Il “romanzo autobiografico” di Giacomo Leopardi (Olschki editore, Firenze 2015),
Le forme della poesia –
Saggi critici (La Vita
Felice, Milano 2015).
Cultura popolare:
‘A Vecchia ‘Ncielo – Proverbi e modi di
dire dell’area vesuviana,
2 tomi, Loffredo, Napoli 2002;
‘A ‘Mberta – Canti e
tradizioni popolari dell’area vesuviana, 2 tomi, Marcus Edizioni, Napoli 2006:
Studi latini:
Ha
pubblicato, in collaborazione con Giuseppe Casillo, molte antologie di Classici
Latini per il triennio delle Scuole Superiori, edite dall’Editore Loffredo di
Napoli, e una Storia della Letteratura Latina, in 3 volumi, edita dall’Editore
Bulgarini di Firenze.
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Questa maledetta vita
Recensioni
Area riservata a Urraro sul sito della Casa Editrice Olschki.
Roberto Carnero, Leopardi, romanzo autobiografico tra poesia e filosofia, «Avvenire», 01.09.2015.
Guido Caserza, Leopardi, vita maledetta di un
giovane favoloso, «Il Mattino», 30.05.2015
Paolo Montanari, Recensione di “Questa maledetta vita”, «CAMI 74 COM – Pesaro
notizie», 17.06.2015.
Pasquale Gerardo Santella, “Questa maledetta vita” di Giacomo Leopardi, «Il Pappagallo», quindicinale,
n. 334 di luglio 2015
Armando Torno, Da Olschki la maledetta vita di Giacomo
Leopardi, «Il Sole 24 Ore», 11.08.2015.
Da Olschki la maledetta vita di Giacomo Leopardi , "Newsportal 24", 11-08-15.
Roberto Carnero, Leopardi, romanzo autobiografico tra poesia e filosofia, «Avvenire», 01.09.2015.
Guido Caserza, Questa maledetta vita: l’autobiografia che Giacomo Leopardi non scrisse
mai, «L’UNIONE SARDA», 21.09.2015.
Antonio Filippetti, L’autobiografia che Leopardi non scrisse mai, «La Repubblica -
Napoli», 03.10.2015.
Antonio Filippetti, Questa maledetta vita, «ARTE & CARTE on line», www.arteecarte.it/primo/articolo_new.php?=2080,
03.10.2015.
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Ulteriore documentazione su Urraro e Leopardi
Intervista a Raffaele Urraro, "Fare poesia", 21-06-11.
Playlist su Urraro [https://www.youtube.com/watch?v=wMU7j2Frcww&list=PLLD5zgXn4rwaWYLXtMcWzWj4x1ZpwQYSP] creata all'interno del canale youtube di "Scuola e
università" .
Tutti
i libri di Raffaele Urraro si trovano nelle librerie e si possono
acquistare attraverso i maggiori portali di
vendita on line (per esempio : Ibs , e Amazon) .
Pagina Facebook di Urraro [ https://www.facebook.com/raffaele.urraro.1?fref=nf].
Playlist su Giacomo Leopardi creata all'interno del canale youtube "Scuola e università":
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