20 aprile 2013: Giorgio Napolitano subito dopo aver ricevuto i Presidenti della Camera e del Senato con l'annuncio della sua rielezione. |
Il Capo
dello Stato, Giorgio Napolitano, sabato 20 aprile 2013 è stato rieletto
Presidente della Repubblica.
Per la
prima volta dal 1948 1,
dunque, il Parlamento (riunito in seduta
congiunta) ha attribuito un secondo
mandato settennale ad un Presidente già in carica.
Un fatto
storico, senza precedenti, e proprio per questo motivo va annotato, sia pure in modo
telegrafico.
Ma la
rielezione di Napolitano è un fatto
storico anche perché dimostra in modo inequivocabile lo stato di profonda
crisi in cui si trova il sistema politico italiano, incapace non solo di
trovare un accordo tra schieramenti contrapposti, di superare la logica
meschina dei veti incrociati, la
perenne conflittualità tra le parti, il “perisca la nazione, purché viva e si
rafforzi la fazione”, ma addirittura di compattare i propri
parlamentari all'interno di uno stesso partito, con il fiorire convulso di franchi tiratori.
Tatticismi e strumentalismi, gelosie e invidie, ansia di
protagonismo, forsennata ricerca dell’interesse personale, stavano facendo
precipitare nell'abisso il Paese, da troppo tempo, ormai, sull'orlo del baratro.
Napolitano è riuscito ancora una volta ad interpretare in modo puntuale e concreto il suo ruolo, a superare lo stallo in cui si trovava la situazione politica, ad abbattere la rigidità delle posizioni particolari, dimostrando grande senso di responsabilità e alto senso dello Stato. E la sua accettazione è tanto più encomiabile, quando si consideri che egli, da mesi, aveva dichiarato la sua indisponibilità al reincarico, aveva detto a chiare lettere che nessuno lo avrebbe convinto a rimanere al Quirinale per altri sette anni. Una decisione formalizzata addirittura con una nota ufficiale del Quirinale, in cui si confermava che la sua candidatura non era neppure "ipotizzabile". Conoscendo la coerenza del personaggio, credo che il suo passo indietro sia nato dalla consapevolezza che, in caso di un suo rifiuto, il Parlamento, le istituzioni, il Paese intero sarebbero andati allo sbando, con conseguenze imprevedibili soprattutto a livello di mercati finanziari.
Napolitano è riuscito ancora una volta ad interpretare in modo puntuale e concreto il suo ruolo, a superare lo stallo in cui si trovava la situazione politica, ad abbattere la rigidità delle posizioni particolari, dimostrando grande senso di responsabilità e alto senso dello Stato. E la sua accettazione è tanto più encomiabile, quando si consideri che egli, da mesi, aveva dichiarato la sua indisponibilità al reincarico, aveva detto a chiare lettere che nessuno lo avrebbe convinto a rimanere al Quirinale per altri sette anni. Una decisione formalizzata addirittura con una nota ufficiale del Quirinale, in cui si confermava che la sua candidatura non era neppure "ipotizzabile". Conoscendo la coerenza del personaggio, credo che il suo passo indietro sia nato dalla consapevolezza che, in caso di un suo rifiuto, il Parlamento, le istituzioni, il Paese intero sarebbero andati allo sbando, con conseguenze imprevedibili soprattutto a livello di mercati finanziari.
L’Italia
sarebbe stata considerata all’estero un Paese in preda al caos, ingovernabile, allo stesso livello della Grecia o di qualche repubblichetta sud-americana o
africana.
Tanto più
che il default dell’elezione presidenziale si accompagnava al ritardo abnorme nella formazione del governo,
dopo quasi due mesi dalla chiusura delle urne.
Quella di
Napolitano, quindi, è una vittoria delle forze sane e virtuose del Paese, di
chi si assume le sue responsabilità fino in fondo, oltre, forse, quanto gli
competerebbe e quanto le sue condizioni fisiche sarebbero in grado di
sopportare.
Ma è anche
la sconfitta di un mondo -quello politico- che ormai, nel suo delirio di onnipotenza, nella sua frenetica ricerca di beni materiali e di arricchimenti troppe volte illeciti, sembra aver perso ogni contatto con la realtà
e che nella sua rovina rischiava -senza
la decisione del Capo dello Stato di rientrare in campo- di trascinare con
sé il Paese intero. Ed è a questo mondo politico, incapace, irresponsabile, avido e sordo alle esigenze del Paese, che Napolitano ha rivolto parole dure, giustamente dure, nel discorso di oggi davanti alle Camere riunite, subito dopo il giuramento.
Non per
nulla, il blog "Campagne d'Italie", di Philippe Ridet,
corrispondente di "Le monde" da Roma, ha titolato il pezzo del
20 aprile, subito dopo la rielezione del Capo dello Stato,
Qui il video con il giuramento e il messaggio del Presidente della Repubblica davanti alle Camere riunite. Un discorso magnifico, commentato da Giorgio Israel sul suo blog con un titolo di grande intensità.
Note
1 Giorgio
Napolitano (29-06-1925-) è stato riconfermato il 20-04-2013, al sesto
scrutinio, con un ampio suffragio -738 voti su 997 presenti; quorum 504-, terzo miglior risultato nella storia della
Repubblica. Era sostenuto dal PD, PDL Scelta Civica e Lega. Nella
stessa votazione, Stefano Rodotà
-appoggiato da Grillo- ha ricevuto 217 voti.
Il 10-05-2006 era stato eletto undicesimo Presidente della Repubblica, al quarto scrutinio, con 543 voti su 1000 presenti (quorum: 505). Oltre alla pagina biografica sul portale del Quirinale, v. la scheda sull' "Enciclopedia Treccani".
Il 10-05-2006 era stato eletto undicesimo Presidente della Repubblica, al quarto scrutinio, con 543 voti su 1000 presenti (quorum: 505). Oltre alla pagina biografica sul portale del Quirinale, v. la scheda sull' "Enciclopedia Treccani".
Sopra ho
indicato il 1948 (anno dell'entrata in vigore della Costituzione)
perché in realtà, prima di quella data, si era già assistito ad una rielezione, quella di Enrico De Nicola.
Il 28 giugno 1946 l'Assemblea Costituente elesse, al primo scrutinio, De
Nicola Capo provvisorio dello Stato, con 396 voti su 501 votanti. Egli
però si dimise poco meno di un anno dopo, il 25 giugno 1947, adducendo motivi
di salute. Il giorno successivo, e cioè il 26 giugno 1947, venne tuttavia
rieletto alla medesima carica, quasi all'unanimità, dalla stessa Assemblea Costituente, con 405 voti su 431 votanti. Come
previsto dalle disposizioni finali e transitorie della
Costituzione, De Nicola divenne Presidente della Repubblica a tutti gli
effetti il 1° gennaio 1948, conservando tale carica fino all'11 maggio dello
stesso anno.
Vedi
schede relative a De Nicola sul portale del Quirinale e sul "Dizionario Biografico degli Italiani"
(vol. 38, 1990) .
2 Riporto un paio di brani particolarmente significativi del post di Ridet:
"Cette réélection – une première dans l'histoire de
la République (1) – est d'abord un hommage à l'habileté de cet homme simple et
discret qui fêtera ses 88 ans en juin. Élu de justesse en 2006 au quatrième
tour de scrutin, il est devenu indispensable. Il avait contre lui d'être ancien
communiste (certes réformateur), il est parvenu a faire oublier cette filiation
idéologique pour apparaitre comme le président de tous les Italiens. Plus de 90
% d'entre eux apprécient son action. Mais ce second septennat est aussi une défaite, pour ne
pas dire un naufrage, de la politique, la manifestation de sa panique, de son
absence d’imagination. Incapables de s'entendre sur le nom d'un candidat, les
parlementaires italiens ont donné la mesure de leur médiocrité. A commencer par
ceux de gauche qui, étant les plus nombreux, devaient au moins s'entendre sur
un nom pour espérer l'imposer.". La nota all'interno dell'articolo si riferisce ad una
precisazione di un lettore, il quale sostiene il concetto che la rielezione di
Napolitano non è il primo caso "dans l'histoire de l'Italie"
(formula per la verità un po' generica). E ricorda appunto il
precedente di De Nicola. Il lettore aggiunge anche che "Certes, il
n'était pas président, mais seulement chef provisoire de l'Etat (la nouvelle
constitution n'étant pas encore approuvée), mais l'Italie était déjà une
République..." . Trovo piuttosto curioso che questo lettore consideri il
fatto che l'Italia fosse già una Repubblica più importante del carattere provvisorio della carica attribuita dall'Assemblea Costituente a De Nicola.