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giovedì 22 agosto 2013

Un consiglio contro la disoccupazione da parte del sindaco di New York.


Michael R. Bloomberg

di  A. Lalomia



Il sindaco di New York, Michael R. Bloomberg, qualche tempo fa ha consigliato ai giovani di medie capacità ma senza molta voglia di studiare, di lasciar perdere l’università e di entrare subito nel mercato del lavoro, soprattutto come idraulici. 
Il suo invito è stato accolto, negli Stati Uniti e soprattutto in Italia, come una provocazione, uno dei tanti esempi dell'arroganza dei ricchi  -“di chi dalla vita ha avuto tutto”-   verso il resto della popolazione e in particolare delle categorie più disagiate.
Io ritengo invece che il 108 ° sindaco di New York abbia espresso un concetto molto razionale e di estrema attualità.  Se si considera lo studio una noia e si frequenta l'università soltanto per superare a stento gli esami, per mettere in tasca il pezzo di carta  (che in Italia, soprattutto per alcune lauree, vale ben poco, per cui a quarant'anni si dipende ancora dai genitori)  e ritenere poi concluso il ciclo di apprendimento, è assai più ragionevole rimboccarsi le maniche e mettersi a riparare rubinetti o, aggiungo io, diventare tassisti  -attività altrettanto lucrosa di quella dell’idraulico e, al pari di quest’ultima, con modesti prelievi fiscali, con buona pace di quanti continuano a promettere controlli  “severissimi”  in materia). 
A ben vedere, come d'altronde ho avuto già modo di esprimere, io andrei oltre ciò che ha suggerito Bloomberg.  Credo che sia arrivato il momento di riconoscere con grande onestà che l'idea del prolungamento dell'obbligo scolastico oltre i quindici anni ha sconvolto ancora di più il già dissestato mondo della scuola, provocando una flessione paurosa della qualità dell’insegnamento, alimentando tra gli studenti frustrazione, rancore verso i genitori, ostilità per i docenti e il 'sistema'  in generale, e spingendoli a compiere azioni classificabili come delinquenziali.  Bisogna avere il coraggio di affermare che se molte scuole  (soprattutto superiori)  oggi sono diventate delle squallide passerelle di ‘studenti’  in tenuta da spiaggia
o conciati da zombie, devastati dal piercing  (anelli al naso, sulle sopracciglia, sulla lingua; e via dicendo); dei ritrovi per giovani stralunati (a causa dell’alcool, degli psicofarmaci o di altre sostanze), che escono alle aule e rimangono a parlare senza senso per ore nei corridoi o nel giardino dell’istituto  (senza che le autorità scolastiche li facciano rientrare in classe); dei campi di battaglia dove i docenti e il resto del personale devono difendersi dagli insulti e dalle aggressioni di  'allievi’ che non hanno niente da invidiare ai teppisti che infestano gli stadi (altro che didattica); dei diplomifici dove bisogna promuovere  (“altrimenti, capisci, nessuno si iscrive più a questa scuola”);  se sono diventate tutto ciò  (ed altro ancora), la responsabilità di questo risiede anche nella pervicace e ottusa convinzione che tutti i ragazzi amino apprendere (in particolare sui libri)  e siano convinti del valore etico e sociale dell'istruzione, capiscano cioè che l’istruzione rappresenta un valido strumento di affinamento della personalità e di promozione sociale.  Niente di più lontano dalla realtà, come Paola Mastrocola ha messo in evidenza  nel suo brillante saggio  Togliamo il disturbo,  e come io stesso mi sono permesso di ricordare in varie occasioni, per esempio recensendo il libro della scrittrice piemontese.
Quanto a Bloomberg   -che viene considerato dai nostri benpensanti un cinico-  il fatto che sia al suo terzo mandato consecutivo come Mayor della più importante città statunitense, credo che voglia dire qualcosa.  Così come vorrà dire qualcosa   -sempre con buona pace dei nostri benpensanti-  la circostanza che parecchi istituti educativi e centri di cultura privati statunitensi  (ma non solo) si rivolgano a lui per ricevere donazioni, in diversi casi ottenendole.  L’amore per la cultura di Bloomberg, insomma, si evidenzia non solo attraverso i discorsi che pronuncia nelle università e nelle scuole superiori (discorsi che peraltro meriterebbero di essere divulgati), ma da iniziative concrete ed encomiabili attuate attraverso la sua fondazione. Quante cose avrebbero da imparare, da lui, parecchi dei nostri miliardari  (e forse anche qualche intellettuale che, pur dichiarandosi di sinistra, ritiene di dover stabilire che l’università sia un luogo riservato alle élite)