Il Washington Post ha ospitato questa proposta – raro caso in cui la abusata definizione di “provocazione” ha davvero senso – di David Harsanyi, condirettore della rivista online The Federalist e autore di frequenti posizioni originali, con attenzioni particolari alla crisi dei sistemi democratici. Il suo articolo ha ricevuto molte reazioni di protesta dai lettori, ma tratta un tema che è diventato molto presente nei paesi occidentali negli ultimi anni, quello del calo di corrispondenza tra i principi democratici e la qualità dei governi eletti.
Mai come oggi tantissime persone assai poco informate prendono decisioni che hanno ripercussioni su tutti quanti. Basta studiare la pochezza dell’attuale campagna presidenziale americana per capire come il problema più urgente nella politica degli Stati Uniti non sia l’influenza delle grandi aziende, dei sindacati, dei media e nemmeno quella dei soldi. Il problema principale siete voi, gli elettori americani. Eliminando i milioni di elettori irresponsabili che non si prendono il disturbo di imparare i meccanismi più basilari della Costituzione, o le proposte e la storia del loro candidato preferito, forse potremmo riuscire ad attenuare le conseguenze della sconsideratezza del loro voto.
Non dico che dovremmo erigere delle barriere fisiche per limitare l’accesso al voto. Continuiamo pure a costruire seggi, ad assumere altre persone per lavorarci, a facilitare il processo di registrazione, a spedire più schede elettorali ai cittadini anziani e a produrre più annunci pubblicitari per incoraggiare il voto e a implorare i giovani apatici di adempiere al loro dovere civico. Allo stesso tempo, però, ricordiamoci che andare a votare per il candidato che ha fatto gli spot elettorali che ci sono piaciuti di più è uno dei compiti più sopravvalutati in una democrazia. Se non avete idea di cosa stia succedendo, anche sottrarre noialtri alla vostra ignoranza è un dovere civico. Purtroppo non ci possiamo fidare di voi. Se il voto è un rito consacrato della democrazia, come spesso sostengono i progressisti, è giusto che la società abbia delle pretese minime su chi vi partecipa; e se la cittadinanza è un valore sacro, come sostengono i conservatori, allora si può pretendere da un potenziale elettore lo stesso livello di informazione di un potenziale cittadino. Introduciamo un test per gli elettori: l’esame di educazione civica usato per ottenere la cittadinanza andrebbe benissimo. Quanti dei rumorosi sostenitori dei due principali candidati alle presidenziali americane supererebbero l’esame? Questi sono alcuni dei quesiti dell’esame di cittadinanza, che si dividono tra facili e facili in modo imbarazzante:
Se il presidente e il vice presidente non possono più rimanere in carica, chi diventa presidente?Cita tre dei tredici stati originari degli Stati UnitiCita un diritto o una libertà sancita dal Primo Emendamento.Cos’è la libertà di culto?
Sono moderatamente fiducioso del fatto che almeno la maggioranza dell’elettorato sarebbe in grado di superare il test, anche se non potrei dire altrettanto della maggioranza dei candidati alla presidenza. Di sicuro, dovrebbe essere un gioco da ragazzi per quei cittadini che sono così coinvolti nella campagna elettorale dai tappezzare le loro auto di adesivi e partecipare ai comizi dei loro candidati preferiti.
Ma forse sono troppo ottimista. Quando qualche anno fa Newsweek aveva chiesto a mille elettori americani di fare l’esame per la cittadinanza, circa il 30 per cento non era stato in grado di dire chi fosse il vicepresidente degli Stati Uniti; oltre il 60 per cento non conosceva la durata del mandato di un senatore; il 43 per cento non sapeva che i primi dieci emendamenti della Costituzione americana sono conosciuti come la Dichiarazione dei Diritti; solo il 30 per cento sapeva che la Costituzione è la legge suprema degli Stati Uniti. Grazie a un altro studio, condotto dall’Annenberg Public Policy Center, abbiamo scoperto che solo il 36 per cento del campione intervistato è stato capace di citare tutti e tre i poteri del governo americano. Queste sono le persone che eleggono chi definisce la struttura fondamentale dell’ordinamento giudiziario degli Stati Uniti, e spesso le nostre vite.
A dirla tutta l’elettorato probabilmente non è meno ignorante oggi di quanto lo fosse 50 o 100 anni fa. La differenza è che oggi il nostro accesso alle informazioni è illimitato. Come scrisse James Madison, il quarto presidente della storia degli Stati Uniti: «Un governo popolare, quando il popolo non sia informato o non disponga dei mezzi per acquisire informazioni, può essere solo il preludio a una farsa o a una tragedia, e forse a entrambe». Informarsi sulle caratteristiche fondamentali della nostra repubblica e sulle posizioni dei candidati, poi, è una questione di qualche secondo, letteralmente. Se rinunciate al potere dell’informazione non siete nella posizione di poter dire al resto di noi come vivere le nostre vite. Non votate.
Alcuni di voi mi accuseranno di fare dell’ottuso elitismo: ma è il contrario. A differenza delle molte persone che dipendono dagli elettori ignoranti per esercitare e salvaguardare il proprio potere, mi rifiuto di credere che la classe lavoratrice o i cittadini meno abbienti siano meno capaci di capire il significato della Costituzione o i tratti principali del sistema di governo rispetto allo sprezzante un per cento della popolazione. Ne sono convinto nonostante la scuola pubblica spesso non sia in grado di insegnare agli studenti le basi dell’educazione civica: è ancora una nostra responsabilità, come elettori.
Ovviamente non dobbiamo dimenticarci di brutte storie come le tasse elettorali e gli altri metodi discriminatori usati dagli americani per negare ai cittadini neri il diritto di voto. Qualsiasi tentativo di migliorare la qualità dell’elettorato dovrebbe fare in modo che il voto venga inibito alle persone ignoranti di ogni etnia, credo, genere, orientamento sessuale e contesto socioeconomico. Per il bene delle nostre istituzioni democratiche.
David Harsanyi, Devono votare anche gli ignoranti ?, "Il Post", 25-05-16.