di A. Lalomia
M. Palmieri e M. Avagliano (secondo e terzo da sinistra) ad una presentazione del libro. |
Come annunciato nel titolo, il libro induce a riflettere su una delle pagine più drammatiche del nostro passato, ricostruita con mano sicura da due studiosi che hanno già dato prova del loro talento e della profonda conoscenza del periodo pubblicando, pochi anni fa, sempre su questo tema, un'opera accolta con favore dalla critica e dal pubblico, Gli ebrei sotto la persecuzione in Italia. Diari e lettere 1938-1945, Einaudi 2011.
Mario Avagliano, poi, ha dedicato all'argomento (e più in generale alla Shoah) numerosi articoli, quasi tutti reperibili sul suo blog.
Il volume che si presenta in questa sede rappresenta un'occasione, anche, per cercare di capire se la reazione degli Italiani alle leggi del 1938 sia stata compatta e soprattutto se sia nata da una reale convinzione, dall'indottrinamento e dal plagio esercitato dalla propaganda, in particolare sui giovani, o, più semplicemente (e sommessamente), si sia trattato del prezzo da pagare per non avere noie dal regime. Un prezzo caro, certo, ma in linea con l'insegnamento di Torquato Accetto e comunque in sintonia con i tempi e le circostanze. Adeguarsi (o fingere di adeguarsi) per non perire e in ogni caso per non finire nel mirino della repressione. Forse l'accusa di viltà in diversi casi è eccessiva, visto il contesto in cui si era costretti a vivere. Naturalmente, non mancarono i complici, i profittatori, gli sciacalli, i delatori, gli opportunisti, ma più spesso, ad un'esplicita presa di posizione contro le leggi, ad una collaborazione attiva e zelante, ad un consenso esibito ed urlato per compiacere i vertici del fascismo e avanzare di carriera, si preferì la strada della dissimulazione onesta, appunto, del silenzio operoso, con cui ci si proteggeva dalle ritorsioni del regime e nello stesso tempo si potevano aiutare gli ebrei. Fu in fondo l'atteggiamento che mantenne anche la Chiesa durante la guerra, proprio perché era ben consapevole che, se avesse alzato i toni oltre una certa misura, la reazione dei nazisti sarebbe stata ancora più spietata contro gli ebrei (e non solo), impedendole di proseguire nella sua azione di salvataggio dei perseguitati (migliaia di ebrei trovarono rifugio proprio nelle sedi ecclesiastiche). Inoltre, non mancarono certo coloro i quali, sia pure a bassa voce (ma non tanto bassa da non essere percepita dagli informatori dell'OVRA), manifestarono incredulità, sgomento, sdegno (specie se ci si ricordava del discorso contro il razzismo nazista che Mussolini aveva tenuto a Bari nel 1934), fino a restituire la tessera del partito. A ben vedere, meritano senz'altro più biasimo quegli studenti che nel quinquennio in cui le leggi furono applicate dimostrarono una particolare solerzia nel rispettarle, una solerzia di cui poi, nel dopoguerra, una volta divenuti stimati rappresentanti del mondo culturale italiano, persero ogni ricordo.
D'altronde, come gli stessi autori sottolineano, accanto ai fanatici, ai profittatori, innumerevoli furono gli Italiani che, al di là delle dichiarazioni ufficiali di circostanza o mantenendo un dignitoso silenzio, si prodigarono in ogni modo per proteggere e salvare gli ebrei e quanti, comunque, erano perseguitati dal fascismo. A conferma di questo 'scudo protettivo' verso gli ebrei viene citato il fatto che degli oltre 24.000 riconoscimenti di "Giusti tra le nazioni" assegnati dallo Yad Vashem di Gerusalemme, quasi seicento sono andati a cittadini italiani per la loro opera di aiuto verso i loro connazionali di fede ebraica. E non poche di queste figure che hanno riscattato l'onore dell'Italia -e che meriterebbero di entrare a pieno titolo nei programmi scolastici- pagarono duramente per il loro coraggio. Basti pensare a Michele Bolgia, L'angelo del Tiburtino, finito alle Fosse Ardeatine per la sua intrepida azione di aiuto verso gli ebrei.
Testimonianze di questa solidarietà, si trovano anche nei filmati proposti oltre.
C'è un aspetto, forse, che merita di essere sottolineato con forza, e riguarda la stupidità di provvedimenti di tipo discriminatorio nei confronti di minoranze etniche e religiose, soprattutto se queste minoranze rappresentano una parte importante per l'economia e la cultura del paese. In tal senso, il fascismo -così come il nazismo, lo stalinismo e ogni altra dittatura- non capirono che, perseguitando prestigiosi intellettuali, tecnici e professionisti di eccellenza, brillanti uomini d'affari, militari di talento, costringendoli ad espatriare in altri paesi o a tacere, si privavano di un apporto prezioso per l'intero sviluppo nazionale. Insomma, in Italia, nel 1938 e negli anni immediatamente successivi, accadde ciò che la stolida presunzione di Luigi XIV aveva provocato nel 1685, con la revoca dell'Editto di Nantes, revoca che costrinse circa 300.000 ugonotti ad abbandonare il paese e a rifugiarsi soprattutto nei territori di lingua tedesca, contribuendo a renderli ancora più potenti e minacciosi nei confronti della Francia.
E d'altronde, il fascismo si rese conto ben presto che non poteva fare a meno degli italiani di fede ebraica, visto che erano insostituibili. Un solo esempio: dopo averlo congedato per motivi razziali, il regime fu costretto a richiamare precipitosamente in servizio il generale del genio navale Roberto (Isacco) Pugliese, perché era l'unico in grado di rimediare ai danni che gli inglesi avevano causato alle nostre navi nell'attacco al golfo di Taranto del 1940. Vale la pena ricordare che Pugliese (il quale avrebbe potuto tranquillamente rifiutare l'offerta, visto il modo in cui era stato trattato), accettò senza risentimenti, chiedendo, come unica condizione, di poter indossare nuovamente la divisa militare. Chissà se i mentecatti che lo avevano liquidato si resero conto di quanto alta fosse la tempra morale di questo soldato che ancora oggi rappresenta una delle figure più illustri della storia della marina militare italiana. Per la lettura dell'introduzione del libro di Avagliano-Palmieri (di cui auspico la presenza nelle biblioteche scolastiche) andare qui .
Sotto, una serie di video sulla svolta razziale del fascismo, a partire da quello in cui Mussolini, in visita a Trieste, annuncia le leggi (18 settembre 1938), sul ruolo della Chiesa in difesa delle vittime, per finire con due dei film che forse meglio rappresentano la situazione degli ebrei italiani nel periodo della persecuzione: "Il giardino dei Finzi-Contini" e "L'oro di Roma" (alcune scene).
Infine, vorrei ricordare che nella cartelle "Video didattici" e "Cinema d'autore" si trovano diversi filmati sulla Shoah,