Quando recentemente dei velivoli non identificati sono passati a tutta velocità in direzione dell’Estonia settentrionale, dei caccia britannici che stazionavano nelle vicinanze si sono affrettati per intercettarli. Tuonando attraverso il paese, in poco tempo gli aerei hanno identificato gli obiettivi: due caccia russi e un aereo spia. È stata solo l’ultima tensione tra l’Occidente e la Russia, in una regione che è rapidamente diventata il potenziale detonatore di un conflitto tra superpotenze nucleari. Da quando la Russia ha annesso la penisola ucraina della Crimea, il ruolo delle piccole nazioni baltiche dell’Estonia, Lettonia e Lituania nel fronteggiare la Russia è diventato molto importante. Il Cremlino ha rafforzato la sua presenza militare lungo i confini tra la Russia e gli ex stati satelliti dell’Unione Sovietica. Gli alleati occidentali dei paesi baltici, preoccupati della vulnerabilità della regione, hanno risposto riversando sui confini carri armati, aerei da guerra e soldati, e durante un vertice che inizierà venerdì si impegneranno a inviare migliaia di altre truppe nei tre paesi e in Polonia.
Dopo la decisione del Regno Unito di lasciare l’Unione Europea, il ruolo della NATO come alleanza capace di unire l’Occidente è diventato ancora più importante, dicono i suoi leader, tra le preoccupazioni che le turbolenze politiche ed economiche provocate dall’esito del referendum su Brexit diminuiscano l’enorme peso del Regno Unito sulla scena globale. L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea arriva in un momento critico di aumentate tensioni tra Russia e Occidente. «L’incertezza e l’imprevedibilità creano sempre dei problemi alla nostra sicurezza», ha detto il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg in un’intervista. «Oggi la situazione è più imprevedibile rispetto a prima che il Regno Unito decidesse di uscire».
Gli aerei da guerra occidentali e russi si incontrano già quasi ogni giorno nei cieli baltici. Ad aprile un aereo da guerra russo aveva sorvolato a bassa quota un cacciatorpediniere americano, arrivando a circa 9 metri di distanza e sollevando timori per un possibile incidente che si sarebbe potuto trasformare rapidamente in una crisi. Qualsiasi attacco nei paesi baltici è potenzialmente un pericolo globale molto superiore all’intervento russo in Ucraina, dal momento che gli Stati Uniti e altri membri della NATO si sono impegnati a difendere la regione da quando nel 2004 Estonia, Lettonia e Lituania sono entrate nell’alleanza militare. Ad aggiungersi ai timori ci sono le dichiarazioni dei leader russi che parlano regolarmente della loro volontà di usare armi nucleari, un’abitudine che non si vedeva dai primi anni Sessanta, all’apice della Guerra Fredda. I leader occidentali evitano di parlare di una nuova Guerra fredda, ma funzionari russi e occidentali sottolineano che si stanno abituando a uno scontro che nessuna delle due parti si aspetta finisca velocemente. «La sensazione che siamo alle prese con un confronto strategico a lungo termine con la Russia è aumentata molto», ha detto Alexander Vershbow, vice segretario generale della NATO, l’alleanza militare occidentale nata durante la Guerra fredda per contrastare l’Unione Sovietica. «Sarà una relazione molto pericolosa, che deve essere gestita con molta attenzione da qui in avanti», ha detto Vershbow durante un’intervista.
Al suo arrivo questa primavera, il nuovo leader militare della NATO, il generale dell’esercito americano Curtis Scaparrotti, aveva detto che l’organizzazione doveva essere pronta a «combattere questa notte» contro la Russia, se necessario. Nella sua proposta per il budget di quest’anno, il presidente Obama ha quadruplicato la spesa militare in Europa, portandola a 3,4 miliardi di dollari. La Russia ha in programma di creare tre nuove divisioni – decine di migliaia di truppe – nel suo esercito entro la fine dell’anno, e di posizionarle nei territori più a ovest, vicino ai paesi baltici e alla Polonia. Il presidente russo Vladimir Putin ha inquadrato la mossa come una semplice risposta all’attività della NATO. «Siamo costantemente accusati di condurre attività militari, ma dove?», ha detto Putin. «Solo sul nostro territorio. Ci si aspetta che noi accettiamo il rafforzamento militare sui nostri confini come se fosse normale».
I paesi baltici, che furono annessi con la forza all’Unione Sovietica nel 1940 e ottennero l’indipendenza solo nel 1991, temono di poter essere un bersaglio invitante per la Russia, che negli ultimi anni ha assunto un atteggiamento revanscista nei confronti dei suoi vicini. Se dovessero subire un attacco e la NATO non intervenisse in loro aiuto, l’alleanza militare si spezzerebbe: un risultato che probabilmente farebbe contento Putin, che ha definito la NATO come una delle principali minacce strategiche per la Russia. I leader occidentali hanno cercato di portare nei Balcani abbastanza potenza di fuoco da scoraggiare un attacco, evitando allo stesso tempo di dare alla Russia la sensazione di una minaccia militare. Molti funzionari russi dicono di considerare l’arrivo di carri armati occidentali alle frontiere come un rischio per la sicurezza. I leader militari della NATO hanno risposto definendo esagerate le paure della Russia e sottolineando come le circa 2.500 truppe mandate nella regione possano far poco per danneggiare le forze russe posizionate sul confine, molto più ampie.
Un recente studio del centro studi Rand Corp, che ha simulato un’invasione russa, ha scoperto che le capitali dei paesi baltici sarebbero invase nel giro di sessanta ore. Per poter rivedere la loro stima, gli autori dello studio hanno consigliato di aumentare sensibilmente la presenza di truppe nella regione rispetto a quella attualmente presa in considerazione dalla NATO, cioè sette brigate e oltre 30mila truppe. Secondo una simulazione simile dello scorso marzo, che prendeva in considerazione tutta la NATO, nel caso di un attacco dalla Russia l’Occidente perderebbe.
Anche senza avere una presenza fissa nei paesi baltici, le truppe della NATO conducono esercitazioni militari in tutta la regione da quando la Russia è intervenuta militarmente in Crimea. Recentemente ci sono state delle esercitazioni di combattimenti in strada a Voru, in Estonia, un tranquillo paesino di 13mila persone a circa 25 chilometri dal confine russo, più conosciuto per il suo insolito dialetto che come potenziale scintilla di una guerra mondiale. Una coalizione internazionale di truppe, anche americane, ha combattuto dalla periferia della città fino al centro, conquistando un vecchio archivio comunale, una fabbrica abbandonata e un distributore di benzina. I combattimenti si sono intensificati nella via Paju, dove le case in legno dell’Ottocento sono oscurate dall’ombra di un mastodontico condominio di epoca sovietica.
I soldati hanno combattuto a un passo dal negozio di riparazioni per computer dove un sabato mattina il 25enne Roman Jastrebov stava lavorando, mentre sua figlia di quattro anni giocava. Jastrebov ha raccontato di essere stato molto contento di vedere le esercitazioni di guerra, nonostante sia stato «quasi colpito in faccia da un proiettile». «È stato come il quattro luglio, come un grande parco giochi», ha detto. Jastrebov però è scettico sulla possibilità che le esercitazioni possano salvare l’Estonia nel caso in cui le paure peggiori del paese per un’invasione russa dovessero avverarsi. «Se ci sarà una guerra non saremo salvi. Basterebbe una divisione di carri armati per conquistarci». ha detto. Non tutti sono stati così felici dei combattimenti in strada che hanno paralizzato la città per due ore. «È solo un modo per spaventare le persone», ha detto Kertu Luisk, una cosmetologa tirocinante di 24 anni che lavora per un parrucchiere il cui negozio era in mezzo ai combattimenti. «Preferisco andare al cinema per vedere spettacoli di questo genere. Nessuno di noi vuole pensare che la guerra sia possibile. Ma a me sembra che il rischio ci sia». Il loro territorio pianeggiante e aperto fa sì che i paesi baltici possano essere invasi prima che la NATO sia un grado di organizzare una reazione da un altro paese europeo, e questo ha portato a concentrare l’attenzione sui metodi per scoraggiare un intervento russo, sostengono i leader occidentali.
Lungo il confine estone con la Russia, coperto da boschi, la frontiera è contrassegnata solo da una serie di pali arancioni e verdi eretti ogni decina di metri. Per la nuova rete metallica ci vorrà almeno un altro anno, e comunque non servirebbe a molto per fermare un’invasione. La NATO ha in programma di mandare un battaglione di circa mille uomini in ogni paese del Baltico e in Polonia, più o meno quattromila in totale. Gli Stati Uniti avevano inizialmente pensato di mandare circa duemila uomini, ma di recente hanno dimezzato la loro offerta – raccontano diplomatici e funzionari della NATO – viste le maggiori pressioni politiche per spingere l’Europa a impegnarsi di più per la sua difesa. Obama ha recentemente deriso «chi sfrutta la forza militare degli Stati Uniti», mentre Donald Trump, il candidato Repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti, ha definito la NATO obsoleta. In questa situazione i leader dei paesi baltici e gli strateghi militari della NATO stanno cercando un equilibrio tra quello di cui pensano di aver bisogno e quello che pensano di poter ottenere. «Non vogliamo tornare all’epoca della Guerra fredda: un carro armato per ogni carro armato, un soldato per ogni soldato», ha detto il ministro della Difesa estone Hannes Hanso. «Ma la Russia fa volare i suoi aerei sopra il mar Baltico quasi ogni giorno, a volte cinque volte al giorno. Sarebbe da irresponsabili non reagire». «Stiamo reagendo a quello che loro stanno facendo».
Attraversando i paesi baltici in auto si sente il costante brusio delle attività militari. In tarda nottata dei convogli mimetici percorrono senza farsi notare le strade poco illuminate. Lungo i campi, i mezzi blindati per il trasposto delle truppe girano con il motore al minimo. Caccia belgi, britannici e spagnoli attraversano il cielo rombando. Prima dell’annessione della Crimea, era raro vedere un veicolo da combattimento nei paesi baltici. Oggi sono onnipresenti, in mezzo a continue manovre militari e rotazioni. La più grande operazione militare in Europa di quest’anno è attualmente in corso in Polonia, dove 25mila truppe da 24 nazioni diverse sono impegnate in esercitazioni che prevedono anche di sparare dai carri armati. L’intensità di queste esercitazioni può scioccare chi vive nelle zone considerate più vulnerabili. Narva, una città sul confine estone in cui oltre l’ottanta per cento della popolazione parla russo, è spesso indicata come il primo obiettivo della Russia in caso di un intervento nei paesi Baltici. I suoi abitanti però dicono di non essere interessati a un cambiamento di campo. Le strade di Narva sono in buone condizioni, a differenza di quelle piene di solchi di Ivangorod, la città russa al di là del fiume. Gli stipendi e le pensioni degli abitanti di Narva sono pagati in base agli standard estoni, mentre il valore dei guadagni dei loro vicini russi si è dimezzato con il crollo del rublo iniziato nel 2014. «A Narva le persone amano Putin. Ma è un amore platonico. Non lo vogliono qui», ha raccontato Sergei Stepanov, direttore del giornale locale, Narvskaya Gazeta. «Le persone non sono stupide. Basta che attraversino il confine e facciano il paragone con come vanno le cose in Russia». Alla fine, dicono i leader estoni, la minaccia russa li ha obbligati a unirsi in un periodo di grande pressione. «Cinque o sei anni fa ci sarebbero state discussioni tra di noi» sullo svolgimento di grandi esercitazioni militari, ha detto il ministro della Difesa Hanso, «Putin è il nostro miglior reclutatore».
Michael Birnbaum, Quelli che si preparano alla guerra con la Russia, "Il Post", 9-07-16.