Cerca nel blog

giovedì 18 agosto 2016

Stati Uniti. Bizzarrie giuridiche.

Il giornalista Jacob Baynham ha raccontato su Vice la strana storia di un’area remota all’interno del parco di Yellowstone, il più antico parco naturale degli Stati Uniti. Sono 130 chilometri quadrati con una caratteristica particolare: lì dentro è impossibile essere processati per omicidio. La storia è stata scoperta da Kalt, professore di legge della Michigan State University. Nel 2004 Kalt stava facendo una ricerca sulle zone grigie della legislazione americana, quei territori dove non è chiaro cosa sia legale e cosa no a causa della sovrapposizione o dell’assenza di leggi. Nella sua ricerca, Kalt si imbatté nella particolare legislazione a cui è sottoposto il parco di Yellowstone.


Come tutti i parchi americani, Yellowstone è sottoposto a legislazione federale: cioè dipende ed è regolato dal governo di Washington, mentre lo stato dove si trova fisicamente non ha alcuna giurisdizione. La particolarità di Yellowstone è che il suo perimetro tocca tre stati: Idaho, Montana, e Wyoming. Una legge federale stabilisce però che da un posto di vista legale l’intero parco è da considerare parte del distretto federale del Wyoming. I distretti federali sono le aree in cui viene divisa l’amministrazione della giustizia negli Stati Uniti: ogni distretto federale corrisponde grossomodo a uno stato e ha un suo sistema di giurie e di tribunali.
Il problema di quella che Katl chiama “the death zone”, la “zona della morte”, è che la Costituzione americana stabilisce in maniera molto netta che ogni crimine deve essere processato nello stato in cui viene commesso. Un emendamento alla Costituzione aggiunge a questa regola che la giuria deve essere composta dai cittadini che abitano nello stato e anche nello stesso distretto dove è stato commesso il crimine. Di solito queste regole non causano alcun problema, visto che stati e distretti si sovrappongono in tutti gli Stati Uniti – tranne che nel parco di Yellowstone, però, dove alcuni piccoli tratti di Idaho e Montana si trovano all’interno del distretto del Wyoming. Nel suo articolo, pubblicato nel 2005, Kalt spiegava così il problema causato da questo imbroglio costituzionale:
Ipotizziamo che vi troviate nella porzione di Yellowstone che appartiene all’Idaho e che decidiate di rendere un po’ più interessante la vostra vacanza dedicandovi a una serie di attività criminali. Iniziate a distillare alcolici illegali, vi dedicate al bracconaggio, strangolate alcuni escursionisti e rubate i loro cestini da picnic. Venite arrestati e spediti nella città di Cheyenne, in Wyoming, per essere processati da una giuria scelta tra gli abitanti di Cheyenne. Ma il terzo articolo, seconda sezione, della Costituzione stabilisce che il vostro crimine deve essere processato in Idaho, dove avete commesso il delitto. Se a questo punto siete abbastanza bravi nel piantare grane, è possibile che il vostro processo venga spostato in Idaho. Ma il Sesto emendamento stabilisce che la giuria che deve processarvi deve provenire dallo stato (Idaho) e dal distretto federale (Wyoming) dove è stato commesso il fatto. In altre parole, i giurati devono provenire dai 130 chilometri quadrati di Idaho che si trovano nel parco di Yellowstone e che appartengono al distretto del Wyoming. Un’area che, secondo il censimento del 2000, ha una popolazione totale di zero persone.
Di fatto si tratta di un luogo dove è legalmente impossibile sottoporre a processo qualcuno per un reato abbastanza grave da richiedere la presenza di una giuria. Questo non significa che sia semplice farla franca: il crimine deve essere commesso completamente nella “zona della morte” e bisogna riuscire a dimostrare di non averlo pianificato in un altro stato, altrimenti in quello stato si rischia un processo per cospirazione. Inoltre i cavilli non proteggono dalle cause civili di risarcimento che potrebbero essere intentate dai parenti della vittima. Infine è difficilissimo accedere alla “zona della morte”: si tratta di un’area remota del parco dove non esistono strade.
Nonostante questo, Kalt ha esitato a pubblicare il suo articolo nel timore che la sua scoperta potesse dare davvero un’idea a un malintenzionato. Nel 2005, poco prima della pubblicazione, inviò copie del suo articolo al dipartimento della Giustizia, al procuratore generale degli Stati Uniti e alle commissioni Giustizia del Senato e della Camera. La sua speranza era che il cavillo venisse eliminato prima della pubblicazione del suo articolo. Per rendere tutto più rapido, Kalt incluse nell’articolo un comma di appena tre righe che avrebbe permesso di risolvere l’intera questione. Nessuno, però, si interessò al caso. Baynham, il giornalista di Viceche ha intervistato Kalt, ha chiesto ad alcuni senatori statali del Wyoming come mai i cavilli non siano stati eliminati. Alcuni hanno negato che il problema esista, altri hanno detto che chiarire la situazione sarebbe molto più complicato di quanto immagina Kalt. Il professore ha un’altra spiegazione per il loro disinteresse: «I politici non si occupano di minacce ipotetiche. Si occupano delle questioni che preoccupano i loro sostenitori più influenti» (e gli elettori, anche).

Alla fine l’articolo fu pubblicato nella rivista di studi giurisprudenziali dell’università del Michigan e divenne immediatamente una notizia internazionale. Se ne occuparono il Washington Post, la BBC, la NPR e anche un giornale giapponese, racconta Baynham. Nel 2007 lo scrittore americano C. J. Box utilizzò l’articolo come premessa del suo romanzo “Free Fire“, che inizia con la descrizione di un uomo che con le mani ancora coperte di sangue si consegna ai ranger del parco e ammette di aver ucciso quattro escursionisti. «Vuole che le chiami un avvocato?», gli domanda uno dei ranger. «Io sono un avvocato», risponde l’uomo. Il libro è arrivato nella lista estesa dei bestseller del New York Times ed è stato ristampato l’ultima volta nel 2011. Box ha raccontato a Baynham che nelle librerie intorno al parco il suo romanzo continua a vendere molto bene.

C’è un posto negli Stati Uniti dove non si può essere processati per omicidio, "Il Post", 16-08-16.