di A. Lalomia
Come avrà notato chi mi segue, in genere cerco di non occuparmi in modo diretto di politica, soprattutto italiana, perché mi sembra che se ne parli anche troppo (e spesso in modo maldestro e inutile).
Di fronte a quanto sta accadendo con la proposta governativa di abolire il Senato della Repubblica -e a seguito anche della clamorosa iniziativa di alcuni parlamentari di abbandonare Palazzo Madama e di recarsi in corteo dal Capo dello Stato per chiedergli di intervenire (un fatto con ben pochi precedenti nella storia repubblicana)- credo che sia legittimo, quantomeno, cercare di fare il punto della situazione.
Cercherò di riuscirci con una serie di filmati, relativi soprattutto al dibattito parlamentare. Video che danno conto delle critiche (che ritengo in buona parte ragionevoli, indipendentemente dal colore politico di appartenenza) a questo progetto, sulla cui approvazione l'esecutivo si sta accanendo in un braccio di ferro con le opposizioni che ha spinto alla raccolta di firme per una petizione contro il progetto stesso. Un braccio di ferro di cui non si vede davvero la necessità e che non giova certo agli interessi del Paese.
“Italicum" e abolizione del Senato provocherebbero la rottura dell'attuale equilibrio istituzionale, condurrebbero a un sistema senza contrappesi e non ci vuole molto a capire che tutto questo rappresenterebbe un rischio micidiale per la democrazia.
Già è curioso che, a fronte dei problemi spaventosi che l'Italia deve risolvere (disoccupazione; alle stelle; pesante flessione del PIL; emergenza abitativa; situazione drammatica della sanità, della giustizia, della scuola; fiscalità da pirati, accompagnata da un'evasione tributaria forse unica in Europa; e si potrebbe continuare a lungo) l'attenzione del governo si stia concentrando, in modo quasi maniacale, sulla riforma di una delle due Camere; ma ancora più sconcertante è che, per farlo, si seguono sistemi quantomeno discutibili. Si agisce, cioè, in modo frettoloso, quasi spasmodico; con promesse francamente surreali (come quella che la riforma, dopo la sua approvazione, sarà comunque sottoposta a referendum popolare); con norme poco chiare e contraddittorie; togliendo ai cittadini il diritto di eleggere i loro candidati; senza ascoltare le concrete osservazioni dei più prestigiosi costituzionalisti; creando una concentrazione di poteri inaccettabile in un regime democratico; imponendo limiti di tempo al dibattito in aula; accusando le opposizioni (ma anche i dissidenti all'interno della stessa maggioranza) di comportamenti di cui francamente non si vede traccia.
Qualcuno ha osservato che si vuole tornare ai tempi dello Statuto Albertino.
Non saprei. Certo è che quel documento era forse più liberale del progetto di Senato che si vorrebbe approvare. Per esempio, in termini di concentrazione di poteri e sul piano della continuità del lavoro che i senatori (o come li si vorrà chiamare) potrebbero realisticamente svolgere. E d'altronde, non bisogna mai dimenticare che lo Statuto fu lo strumento con cui, nella seduta del Gran Consiglio del 25 luglio 1943, si diede un colpo tremendo alla dittatura e si gettarono le basi per la fine delle ostilità.
E poi, per dirla tutta, lo Statuto era scritto in modo più chiaro e comprensibile.
E poi, per dirla tutta, lo Statuto era scritto in modo più chiaro e comprensibile.