Nuovo attentato contro la casa di Jimmy Lai, 66 anni, tycoon dei media di Hong Kong e raro sostenitore nel mondo del business del movimento pro-democrazia dell’ex-Colonia britannica, oggi zona ad amministrazione semi-autonoma cinese. Stando a quanto si può vedere in un filmato registrato dalle telecamere di sicurezza, nella notte un uomo mascherato si è avvicinato all’abitazione di Lai con un’auto argento, ne è sceso, ha gettato una bomba molotov ed è ripartito in fretta. Simultaneamente, un altro attentato con dinamica simile è avvenuto alla sede del gruppo Next media, fondato da Jimmy Lai, e che pubblica l’Apple Daily e il settimanale Next, entrambi caratterizzati da una forte linea editoriale pro-democrazia, pro-riforme politiche e a sostegno dei dissidenti in Cina. La polizia sta indagando.
Non è la prima volta che Lai si ritrova ad essere al centro di attacchi violenti: negli anni passati Lai ha avuto la soglia di casa e dell’ufficio imbrattata di feci, ha ricevuto innumerevoli minacce ed un’auto si era andata a schiantare contro il cancello della sua abitazione, distruggendolo, lasciando a terra un machete ed un’ascia. Gli attacchi verbali sulla stampa pro-governo di Pechino, poi, non si contano. Inoltre, in settembre, l’agenzia anti-corruzione di Hong Kong, l’ICAC, ha lanciato un’inchiesta contro Lai che molti sospettano avere una chiara motivazione politica, dato che vuole indagare il modo in cui sono avvenute le donazioni fatte da Lai ad alcuni membri del movimento pro-democrazia. Per il momento le indagini non hanno rivelato alcuna irregolarità.
Lai è una delle figure più inusuali del panorama politico di Hong Kong: messo su una barca dai genitori a 12 anni affinché sfuggisse alle ristrettezze della Cina comunista, e arrivato poi a nuoto nel territorio quando era ancora sotto governo britannico, è riuscito a diventare un uomo d’affari di grandissimo successo, prima nel settore dell’abbigliamento, poi in quello dell’editoria. La sua traiettoria professionale però è sempre stata demarcata da una schietta denuncia del regime comunista di Pechino, e, in tempi più recenti, da una conversione aperta al cattolicesimo, che lo ha portato ad essere vicino al Cardinale Zen di Hong Kong, anch’egli originario della Cina continentale (Shanghai) ed uno dei principali sostenitori del movimento pro-democrazia locale.
Dopo la democratizzazione di Taiwan, Lai aveva lanciato il suo popolare Apple Daily anche a Taiwan, insieme al settimanale Next, restando però deluso dai crescenti controlli sui media e sulla vita politica imposti dal governo di Ma Ying-eou, che vuole riavvicinare l’isola alla Cina.
Lai è stato inoltre una delle personalità di maggior spicco visibili ai luoghi dell’occupazione di protesta di Hong Kong nel corso del “Movimento degli Ombrelli” per il suffragio universale, che ha bloccato diverse strade nevralgiche di Hong Kong nel corso dell’autunno. La tenda dove Lai dormiva è stata attaccata da ignoti, ma Lai non aveva smesso di recarsi ai luoghi delle manifestazioni e di stampare gratuitamente gli adesivi e gli striscioni con lo slogan del movimento, “Voglio un vero suffragio universale”, scritto a grossi caratteri neri su sfondo giallo. In precedenza, Lai era stato anche uno dei sostenitori del movimento pro-democrazia cinese del 1989, e ha regolarmente aiutato numerosi dissidenti cinesi, sia in termini economici che logistici quando si rendeva necessaria la fuga, che dando loro spazio sui suoi giornali.
Quando la polizia ha infine sgomberato Admiralty, dove era la più grossa occupazione degli studenti e dei loro sostenitori, Lai è rimasto fino all’ultimo, facendosi arrestare insieme ad altre centinaia di persone. Rilasciato, è stato ora avvertito dalla polizia che il suo arresto per “assembramento illegale” è imminente, e che dovrà recarsi alla polizia il 21 gennaio prossimo. A causa di queste vicende giudiziarie dunque Lai ha deciso di lasciare il posto al suo vice-direttore, e dare le dimissioni da Presidente del gruppo Next Media.
Ilaria Maria Sala, Attacco a Jimmy Lai, il tycoon di Hong Kong che difende la democrazia, "La Stampa", 12-01-15.