Ci hanno tolto pure gli Ufo. Macché Unidentified Flying Objects. Non erano dischi volanti, non erano extra-terrestri in missioni di avvistamento. Erano U-2, gli aerei spia americani. Lo rivela la Cia: il 60% dei presunti avvistamenti di marziani, dalla metà degli anni Cinquanta, si riferiva in realtà ai voli sperimentali di quello che allora era un aereo top secret. Gli U-2 volavano a un’altitudine di 60.000 piedi, circa 18.000 metri, cioè quasi tre volte più in alto dei voli commerciali (passeggeri) di allora.
Anche i jet militari non arrivavano al di sopra dei 40.000 piedi. Perciò i voli-test degli U-2 provocarono lo sgomento dei piloti, dei controllori dei cieli, di molti esperti. Non potevano che essere astronavi venute da altri pianeti? La Cia sapeva benissimo, ma taceva, per non divulgare l’esistenza dei nuovi apparecchi. Il programma degli U-2 era sotto la sua diretta gestione, per finalità di spionaggio.
La Cia fece finta di catalogare gli “avvistamenti”, di creare dossier appositi, di prendere sul serio tutta la storia degli Ufo. Fu una manna per gli scrittori di fantascienza e per il cinema. La fantasia popolare venne eccitata, fino alla nascita di leggende metropolitane destinate a durare per molti anni. Come la storia del “sito segreto”, l’Area 51 nel deserto del Nevada. Esisteva davvero, l’Area 51, ma non era un luogo dove custodire le prove raccolte sui raid degli extra-terrestri. Era invece una delle basi di controllo degli U-2.
La rivelazione non è del tutto nuova. Sull’Area 51 del Nevada la Cia aveva cominciato a togliere il segreto nel 2013. E a luglio del 2014 un lungo rapporto desecretato ha tolto ogni mistero anche sugli Ufo. Il rapporto s’intitolava “The Cia and the U-2 Program, 1954-1974”. Ma quella versione, lunga 272 pagine, è stata letta soprattutto da esperti. Perciò la Cia ha deciso di mettere l’annuncio su Twitter, con un link che rinvia al documento integrale.
Potenza dei social media: la versione Twitter ha avuto risonanza tra le masse. La rivelazione sugli “Ufo che non esistevano” è balzata al primo posto tra i “cinguettìi” della Cia più letti dal pubblico. «Il programma degli aerei spia U-2 — spiega l’agenzia di intelligence — fu la causa della maggior parte di presunti avvistamenti di oggetti volanti non identificati». Man mano che alle autorità americane affluivano segnalazioni, denunce di avvistamenti, la Cia teneva una sua contabilità separata: confrontava i presunti Ufo con i suoi piani di volo degli U-2. E nella maggior parte dei casi, la coincidenza era perfetta. Visto che l’allarme popolare cresceva, e sul finire degli anni Cinquanta arrivò a punte di psicosi, la Cia non fece nulla per dissuadere un’altra pista di spiegazione “scientifica”: quella dei militari dell’aviazione. Gli inquirenti della US Air Force che lavorarono al Project Blue Book, parlarono di “fenomeni naturali” dietro gli avvistamenti, cioè illusioni ottiche, legate ad eventi meteorologici. Un’interpretazione rassicurante, per placare la paura senza tradire il vero segreto.
L’esistenza degli U-2 divenne nota all’opinione pubblica, americana e mondiale, il primo maggio 1960 quando uno di quegli apparecchi fu abbattuto da un missile sovietico, mentre stava sorvolando il territorio dell’Urss. Fu uno dei momenti di massima tensione tra le due superpotenze, durante la guerra fredda. Presidente degli Stati Uniti era il repubblicano Dwight Eisenhower, che dovette vedersela con l’ira del leader sovietico Nikita Khruscev. Il pilota della Cia Francis Gary Powers venne catturato e i sovietici entrarono in possesso delle foto scattate dall’U- 2. Eisenhower, che era stato il generale capo degli alleati in Europa durante la seconda guerra mondiale, era consapevole dei rischi legati alle missioni degli U-2. Gli apparecchi che sorvolavano l’Urss partivano da una base in Pakistan. Proprio per il timore che un pilota cadesse in mano ai sovietici, per gran parte delle missioni Eisenhower aveva chiesto che gli U-2 venissero affidati a piloti inglesi. L’ipotesi di reclutare piloti da altri pianeti non fu mai presa in considerazione.
Federico Rampini, "Repubblica", 3-01-15.